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Nessuna pace fatta. Salvini a Di Maio: “Io sono quellʼaltro? Mi chiamo Matteo”. I due leader tra minacce e ultimatum

“Ci dobbiamo sedere a un tavolo, io, Conte e quell’altro là. Si riferisce a Matteo SalviniLuigi Di Maio durante un comizio del M5S Cosenza, in Calabria. A “Stasera Italia” viene mandata in onda parte della registrazione del discorso fatto dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico. DI Maio parla del presidente del Consiglio e del ministro dell’Interno, Salvini, senza però fare il suo nome.
Il leader dei 5 Stelle racconta della necessità di raggiungere “un accordo di maggioranza” ogni qual volta bisogna prendere una decisione. “A volte dobbiamo subire – conclude Di Maio – l’atteggiamento della Lega che è insopportabile“. Non è mancata la risposta di Matteo Salvini, “Quell’altro? Mah… Posso non stare simpatico ma ho un nome, mi chiamo Matteo…”. Luigi Di Maio e Matteo Salvini tornano a pungolarsi.  Così fonti vicine a Salvini commentano il fatto che Di Maio lo abbia definito “quell’altro” riferendosi alla partecipazione alle riunioni con il premier. I due vicepremier non si sono stretti la mano al funerale di Mario Cerciello Rega, il carabiniere ucciso a Roma. Non c’è solo la Tav a dividere M5s e Lega: Di Maio e Salvini sono ai ferri corti. Il clima, da qui al 7 agosto, è destinato a arroventarsi ulteriormente con Salvini che, stando a quanto raccontano fonti parlamentari della maggioranza, nelle ultime ore si sarebbe convinto della necessità di una rottura con l’alleato con l’obiettivo delle urne ad ottobre.

Verso la rottura? – Il problema sarebbe quello di motivare una crisi di governo. Il ministro, sotto la pressione crescente della Lega – a partire da quella del Nord – sembrerebbe disposto a rompere ad agosto, forse anche prima della pausa estiva. E per spianare questa strada, che si presenta non facile, ha aperto un delicatissimo gioco del cerino con Di Maio: il Movimento, dalla sconfitta delle Europee, non ha alcuna intenzione di dare sponda alla Lega per una crisi. E, nel caso Salvini si muovesse per la rottura, fonti pentastellate già prevedono il mantra che emergerebbe dal Movimento: quello di incolpare per la caduta del governo un leader leghista irresponsabile, che pensa al suo tornaconto e che non è riuscito a trovare la strada per fare la Flat tax. Non solo. Nel Movimento ormai da giorni si accusa la Lega di voler far cadere L’esecutivo per bloccare una delle leggi madre del Movimento: il taglio dei parlamentari.

La strada per una rottura, per Salvini, ammesso che abbia sciolto tutti i dubbi al riguardo, non sembra comunque facile. Forse anche per questo il leader si è chiuso in un inedito silenzio tornando a calcare terreni ben lontani da Roma. Di certo la fiducia con Di Maio è ormai quasi azzerata. E ad aumentare l’irritazione di Salvini ci sono le parole pronunciate dal capo politico M5s nella riunione di ieri con gli attivisti in Calabria. “A volte dobbiamo subire l’atteggiamento della Lega che è insopportabile. Ogni volta che si deve approvare un provvedimento, in Parlamento o in Cdm, ci dobbiamo sedere a un tavolo io, Conte e quell’altro e dobbiamo fare un accordo…”, sottolinea Di Maio senza nominare l’altro vicepremier.

Il leader pentastellato avverte poi i militanti: “Il partito unico – spiega – non vede l’ora di far cadere il governo, perché a settembre si vota il taglio dei parlamentari”. Quello stesso partito unico che il M5s vuole fotografare sulla mozione depositata al Senato sulla Tav. La mozione, a meno che una rottura non si produca prima, si potrebbe votare il 7 agosto al Senato e, per il M5s, dimostrerà un dato: per far passare il sì alla Tav la Lega ha bisogno dei voti del Pd e di FI. Ma la strategia di accostare la Lega ai vecchi partiti non finisce qua. Confermando alcune indiscrezioni di stampa, il capogruppo M5s Francesco D’Uva rivela: sulla commissione parlamentare d’inchiesta sui finanziamenti ai partiti la Lega ha chiesto di escludere le legislature antecedenti al 2013, lasciando fuori l’inchiesta sui 49 milioni. Parole che fanno balzare al massimo l’irritazione della Lega che accusa il M5s di essere il partito del “no”.

Voto sul decreto sicurezza bis – La settimana prossima sarà cruciale e vedrà, in Aula al Senato, il decreto sicurezza bis, snodo chiave sul quale potrebbero mancare almeno 5 voti del M5s. Anche perché, nel Movimento, la fronda anti-Lega avanza inesorabile eed anche per questo, agli iscritti calabresi Di Maio usa il pugno di ferro annunciando 320 espulsioni ancora da fare e assicurando che, chi “mette zizzania” è fuori.

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