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Nicodemo: «Ho l’impressione che a Napoli ci sia molta rassegnazione»

Francesco Nicodemo, appena uscito dalla segreteria nazionale di Renzi, parla del partito e del lavoro di questi mesi, di Napoli, la Fonderia che parte la prossima settimana e delle future elezioni regionali. Gli errori di De Magistri e di Caldoro ma anche le lacune del suo Partito che non ha saputo costruire e fare l’opposizione in questi quattro anni.

 

Nicodemo ripartiamo dalla segreteria che ha lasciato qualche giorno fa, da cosa è rimasto particolarmente colpito?

«Nel partito c’era una particolare energia che doveva essere canalizzata nel giusto verso, facendo emergere le competenze, le capacità dei nostri volontari e militanti e provare a darci un’infrastruttura che reggesse la voglia di cambiare il partito ed il paese. Girando tanto nei mesi della segreteria nazionale per la costituzione di PD Community ho notato questo. Ho provato ad integrare diversi livelli di comunicazione: quella del partito, dei messaggi che arrivavano dal governo e dai nostri deputati e senatori, insieme a quelli che venivano dai territori. Provare a costruire una comunicazione che non era più verticale, dall’alto verso il basso ma anche circolare. Questo è stata quella forza della campagna elettorale che abbiamo stravinto».

Alcune volte vi abbiamo visto iniziare le segreterie presto di mattina. Cosa ricorda di simpatico?

«Essendo tutti ragazzi tra i 30 e 40 anni, c’era una maniera di comunicare tra di noi molto poco formale, quindi si scherzava, ci davamo dei soprannomi, si utilizzava whatsapp per organizzare le segreterie così come lo si utilizza per organizzare le partite di calcetto».

Tornando a Napoli, come pensa che stia la città?

«Quando ho fatto il consigliere comunale di Napoli era abbastanza palese che c’era una rabbia delle persone nei confronti dell’amministrazione. Però la rabbia è anche energia che può essere incanalata in qualcosa di positivo. Adesso ho l’impressione che ci sia molta rassegnazione ed il compito di chi fa politica è provare a rompere questa rassegnazione e dire che ce la si può fare. Dobbiamo provare a riportare la politica fuori dal palazzo, in mezzo alle piazze».

Come ha vissuto la questione Bagnoli in queste ultime settimane?

«Sono uno di quelli che ha spinto perché fosse portato un tipo di governance che permettesse a Bagnoli di uscire dalle secce in cui era: il fallimento oggi è solo la parte finale la cui colpa è di De Magistris. Bisogna provare a costruire un’idea per cui il commissariamento insieme alle partnership private riesca a dare un senso di sviluppo complessivo all’area. Sui temi di questi anni, le cubature piuttosto che la colmata, è stata fatta una guerra ideologica. Ci ritroviamo una città dove Bagnoli è commissariata, così come il porto ed il teatro San Carlo, simbolo che la classe dirigente è stata bocciata. Forse solo quando assumeremo responsabilità nelle cose potremmo smettere di essere commissariati».

L’idea della Fonderia, invece, com’è nata? Cosa si aspetta?

«L’idea è molto semplice: c’è una grande fame di politica e partecipazione in regione Campania ed è una fame che non può essere soddisfatta da operazione politiciste di tavoli e di partitini che scelgono un candidato. C’è bisogno di riconnettere la società campana con la politica e questo lo puoi fare solo se gli dai un luogo di dibattito e di discussione che riparte dai territori. Provare in questo modo a dare dieci proposte chiare per la Regione, una classe dirigente pronta al governo e possibilmente anche un leader in grado di vincere la sfida con Caldoro».

Come e con chi deve presentarsi il partito, il prossimo anno, alla sfida con il governatore Caldoro?

«Innanzitutto abbiamo pensato alla Fonderia perché vogliamo evitare una discussione sui nomi, visto che si parla solo di candidati ma non si sa cosa vogliono fare. Ci sono tanti soggetti giovani e meno giovani in grado di accettare la sfida, anche se credo che non va risolta su una questione anagrafica ma politica. Il partito si deve aprire, dobbiamo dare dignità e valore alla politica, senza delegare ad altri la soluzione delle nostre questioni. Per fare questo il partito deve essere un luogo aperto, un luogo inclusivo in cui la società campana si può rispecchiare. Questo va oltre i ruoli dell’impegno, dove ciascuno è chiamato a dare una mano per vincere le elezioni e per dare senso ad una Regione che negli ultimi anni ha perso tanto Pil come se fosse nel secondo dopoguerra. È responsabilità di tutti a tirarla fuori».

Ma la responsabilità è anche dello stesso Partito Democratico che in questi anni ha fatto da stampella a Caldoro e non è stato incisivo nell’azione di opposizione del governo regionale.

«Io credo che il “bassolinismo” in questa regione non si è sostituito con una nuova classe dirigente ma con un pezzo di classe dirigente che aveva fatto opposizione a Bassolino. Ne è venuta fuori una risposta insufficiente e questo è abbastanza evidente: dal 2009 abbiamo perso tutte le elezioni. Noi stiamo cercando di rimettere in piedi il Partito con i nuovi segretari che già sono espressione del nuovo gruppo dirigente. Bisogna continuare in questo senso e provare a mettere insieme squadre di uomini che siano bravi a governare, fare opposizione dura e di costruire l’alternativa. Più del tema di contrastare Caldoro che va fatto, è evidente che in questi quattro anni non si è costruita l’alternativa, non c’è stato un capo dell’opposizione.

Pensate di fare questo con la Fonderia?

«Innanzitutto la fonderia ha avuto già il merito di ricalibrare il dibattito. Non stiamo più inseguendo Caldoro o De Magistris ma sono loro che ci inseguono. Stiamo dettando l’agenda politica degli ultimi due mesi dicendo che faremo un luogo in cui proviamo a raccontare cosa sta facendo il governo per Napoli e per il Sud e proviamo a dire che esiste una nuova classe dirigente. Già questo è bastato per riaccendere grande interesse e grande partecipazione. Se avessimo fatto questo per quattro anni, oggi la questione non sarebbe chi fa il candidato ma che ogni candidato rappresenterebbe un’ipotesi diversa».

Tanti sono i fallimenti che vengono imputati a Caldoro: i trasporti e la sanità prima di tutto.

«L’esempio più clamoroso sui trasporti è Metro Nordest che ricollega la conurbazione tra Napoli e Caserta con l’anello della metropolitana ed è potenzialmente una linea che riguarda mezzo milione di persone. Fa solo quattro fermate ed il depotenziamento di quella linea è uno schiaffo all’ipotesi di costituire una città metropolitana che funzioni. Nei trasporti non sono contrario alle ipotesi di privatizzazione del trasporto pubblico, però una cosa è la privatizzazione fatta per dare migliori servizi all’utenza e una cosa è la svendita ai privati. Secondo me ci troviamo in questo secondo caso. Nella sanità siamo d’accordo sul contenimento della spesa purché alla fine a pagare le conseguenze non siano gli utenti. È vero che c’è tanto spreco o “tanto grasso che cola”, per citare Renzi. Prova evidente che non puoi ammazzare il servizio o aumentare il ticket sanitario perché così non stai rientrando dal debito ma stai affossando il sistema sanitario regionale».

Infine voglio chiudere con una battuta. Adesso le mattine che non farà segreteria nazionale come le impiega?

«(Sorride) Quello che facevo prima, accompagnare mio figlio a scuola.

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