Garbato e ironico nella commedia leggera, nella sceneggiata partenopea, così come nel ruolo di “spalla” di Totò, diversa, per complicità e assenza di protagonismo, da quelle tradizionali, del genere Fabrizi o Peppino. Un sodalizio speciale quella col Principe, con Taranto discreto, sempre un passo indietro, al servizio della scoppiettante comicità del maestro, quasi in inconsapevole soggezione. “Totò voleva che gli dessi del tu – raccontava – ma non ci sono mai riuscito, anche dopo quarant’anni di amicizia gli davo del voi.
Diceva: “ma perché, non capisco, ti sono antipatico?” e io gli rispondevo: “No, è la stessa cosa per Eduardo, non mi siete antipatico, anzi se fossi una donna mi sarei dato a voi con tutto il cuore, senza pensarci su nemmeno una volta”. Siccome glielo ripetevo sempre, ogniqualvolta mi diceva: “Ma te so’ antipatico, ma perché non mi dai del tu?”
Con Totò ci siamo conosciuti in un teatro della periferia di Napoli, il teatro Orfeo. Venne una sera ancora vestito da militare, era più vecchio di me, ma io avevo già cominciato a lavorare nel varietà fin da giovanissimo. All’Orfeo mi esibivo in alcune macchiette e facevo la parodia di canzone di E. A. Mario, “Vipera”, che gli piacque molto, volle che gli ricopiasse i versi.
Diventammo amici così. La nostra è stata un’amicizia fraterna, anche se non ci siamo mai incontrati nel palcoscenico. Ho sempre sperato di far qualcosa con lui in cinema; capitò l’occasione di Totò Truffa ’62 e la cosa non si fermò lì, facemmo sei film in due anni. Recitavamo a braccio, inventando al momento.
Provavamo la scena scritta, così come l’avevano scritta gli sceneggiatori, la provavamo due, tre volte, e quando andavamo davanti alla macchina da presa diceva delle cose tutte diverse e bisognava assecondarlo, quello che avevamo imparato non serviva a niente.
In Totò Truffa ’62, mentre giravamo la scena della fontana di Trevi, si è fermato il traffico, la gente credeva che facessimo sul serio. Ne “I due colonnelli” c’era l’attore americano Walter Pidgeon, bravissimo, che non capiva un accidente di italiano, nè noi capivamo una parola d’inglese.
Per fortuna Pidgeon era molto intelligente e riusciva ad afferrare la situazione in una maniera straordinaria anche senza capire una parola di quello che dicevamo noi.
Quando capitò che in Totò Truffa ’62 facemmo quella scena in cui me lo vedevo sbucare vestito da donna accanto a Luigi Pavese, mentre io ero truccato da marito siciliano, finimmo la scena e disse: “Beh, adesso sono femmina, ne puoi approfittare”.
“No, così no”, gli dissi e lui se la legò al dito. Nello stesso film in un’altra scena, lui faceva Fidel Castro e io, vestito da donna, facevo l’amica di Fidel e forse perché ero più giovane, non so, facevo più colpo e questo mi inorgogliva. Gli dissi: “Co’ mme lo potete fa’ o’ capriccio”. “Ah, no, si io ero brutto, voi siete una cosa tremenda”, mi rispose”.
I film di Nino Taranto con Totò: Totò contro Maciste, Totò contro i quattro, Lo smemorato di Collegno, I due colonnelli, I pompieri di Viggiù, Il monaco di Monza, Totò truffa 62, Il giorno più corto.
Nei film con Totò riesce a sublimare il ruolo di spalla, si pensi a film come “Totòtruffa 62”, dove è sempre in grado di assecondare la battuta di spirito del grande principe della risata, ma il ruolo di spalla/antagonista è ancor più chiaro ne “Il Monaco di Monza”, di Sergio Corbucci, dove interpreta il perfido marchese Egidio De Lattanzis.
Al cinema è lo sfortunato professore di “Anni facili” di Luigi Zampa (1953), per cui si aggiudicò un Nastro d’Argento, ma anche a suo agio con i ruoli brillanti di “Accadde al commissariato” di Giorgio Simonelli (1954), con la commedia di costume di “Mariti in città” di Luigi Comencini (1957) e con le calibrate prove drammatiche di “Italia piccola” di Mario Soldati (1957).
Negli anni ’60 Taranto prese parte anche ai cosiddetti film musicarelli, al fianco di nomi importanti della musica leggera come Albano Carrisi e Gianni Morandi.
Nino Taranto è stato anche uno dei primi a lavorare costantemente in radio, e partecipò anche a parecchi varietà televisivi.
Negli anni settanta ha lavorato in trasmissioni di successo come “Milleluci” e “Senza Rete” facendo conoscere alle generazioni nate con la Tv, le sue intramontabili macchiette. Nell’84 propone una trasmissione tutta sua dal titolo “Taranto Story” dove ripercorre la sua lunga carriera riproponendo il teatro dei suoi esordi e i personaggi di un genere ormai tramontato cioè la sceneggiata.
Negli ultimi anni tornò con successo al teatro dialettale, soprattutto al fianco di Luisa Conte e del fratello Carlo, sulle tavole del Sannazaro con interpretazioni che ebbero dell’eccezionale.
Infine, il comico, il cantante, il macchiettista, lo straordinario attore, in una parola l’artista, Nino Taranto, si spense a Napoli il 23 febbraio del 1986.
Sulla bara scura, come ultima civetteria, la paglietta bianca di sempre.
Il comune di Roma ha intitolato una strada a Nino Taranto, mentre la città di Napoli ha dato il suo nome ai giardini di Via Aniello Falcone che affacciano sulla sua bella casa di Parco Grifeo. A Napoli, inoltre, opera una Fondazione a suo nome, creata dai familiari per tenerne vivo il ricordo.
Fine storia