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NO al fracking. A rischio acqua, ambiente, clima anche in Campania

Forse non tutti sanno cos’è il “fracking” e, probabilmente, sarebbe anche il caso di invocare il suo termine italiano, “fratturazione idraulica”, dato che l’Italia è soggetto in causa della nostra discussione. Si tratta di una tecnica, utilizzata per la prima volta negli Usa nel 1947, atta ad estrarre gas naturale anche da sorgenti non convenzionali, utilizzando la pressione di un fluido, solitamente l’acqua, per aprire una serie di fratture in uno strato roccioso molto profondo del sottosuolo. Al fluido vengono aggiunte sostanze chimiche e sabbia, quest’ultima avente lo scopo di evitare alle fratture di richiudersi.

Vi lasciamo immaginare quanto questa “strategia” abbia comportato in termini di “effetti positivi”, soprattutto economici, per gli Usa che hanno potuto così abbattere notevolmente il prezzo del gas nel Paese contribuendo a ridurre l’uso del carbone. Questo metodo ha permesso di andare incontro all’esaurimento di risorse naturali: negli Stati Uniti parliamo di oltre il 60% di pozzi petroliferi e di gas naturale trivellati usando il fracking. Ma non è tutto oro il gas estratto, come dimostra già soltanto la constatazione secondo cui un’operazione di questo tipo bisogna di circa 8 milioni di litri d’acqua che equivalgono al fabbisogno giornaliero di 65.000 persone. Fosse solo questo e, invece, a quanto pare, questa “Promised Land” (per citare il film di Gus van Sant) avrebbe effetti disastrosi non solo sulle risorse idriche ma anche per quanto riguarda i rischi ambientali. Lo ha capito il Governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, che ha – proprio a inizio anno 2015 – detto addio al fracking fermando le trivelle, un atto che è stato considerato da molti (ndr) come una svolta nella politica americana.

frackingTorniamo ai rischi: prima di tutto, va considerato che le sostanze chimiche utilizzate sarebbero assorbite dal terreno inquinando le falde sotterranee con evidenti conseguenze quanto a prodotti cancerogeni e tossici. Ovviamente, non si hanno informazioni precise su queste sostanze che negli Stati Uniti sono protette da segreto industriale. Ci sarebbe poi da considerare che non tutti i fluidi iniettati risalgono in superficie, molti restano nel sottosuolo con tutti gli additivi del caso. Ma andiamo avanti. Il gas liberato durante l’estrazione non viene tutto “raccolto”: si parla di fughe di gas dal 30 al 100% superiori all’estrazione convenzionale e 25 volte più potenti dell’anidride carbonica. Inutile spiegare quanto questo aggravi la già drammatica situazione del nostro clima.

Potremmo fermarci qui e, invece, ci tocca dire ancora qualche parola sui rischi connessi a questa pratica: dalla contaminazione dell’acqua potabile e della catena alimentare, e dalle fughe di gas serra, arriviamo anche a un serio rischio sismico così com’è stato ribadito dal Professor Franco Ortolani, docente di geologia presso l’Università “Federico II” di Napoli, durante un Convegno a Bruxelles, al Parlamento Europeo, sui molteplici danni che producono le estrazioni petrolifere su terraferma e mare. Se la Prof.ssa Maria Rita D’Orsogna, docente all’Università della California (Stati Uniti), si è soffermata sulla tematica dell’inquinamento acquifero, è stato, invece, Ortolani ad argomentare sulla questione “terremoti”. Si deve considerare, infatti, che l’iniezione di liquidi aumenta notevolmente la pressione dei fluidi sotterranei causando lo scivolamento di piccole faglie e quindi un terremoto. Uno studio della Cornell University ha stabilito che quasi tutti i 2.500 terremoti che si sono verificati in 5 anni in Oklahoma potrebbe essere stati condizionati dal fracking; e se si tratta oggi di “piccoli terremoti” non si esclude il rischio che questo potrà portare in futuro a episodi sismici di grande rilievo, come afferma uno studio della US Geological Survey.

esplorazione-perforazioneIl convegno, voluto e organizzato dall’Eurodeputato del Movimento 5 Stelle, Piernicola Pedicini, coordinatore della Commissione ambiente del Parlamento europeo, ha visto la partecipazione anche del Senatore del M5s Vito Petrocelli che ha illustrato alla Commissione Europea i contenuti di un dossier-denuncia presentato dal gruppo M5s al Senato, circa la sperimentazione segreta e non autorizzata delle tecniche del fracking per estrarre petrolio dai pozzi della Val d’Agri (il più grande giacimento di idrocarburi d’Europa); fratturazione che avrebbe causato la moria dei pesci nel lago del Pertusillo (Potenza). Eccola lì, l’Italia! Perché se pensavamo che tutto questo non ci interessasse ci sbagliavamo di grosso. La nostra nazione, secondo quanto scrive Pedicini, oltre al bacino idrico della Val d’Agri in Basilicata, avrebbe chiamato all’appello anche i vicini bacini di Tardiano e Monte Cavallo in Campania.

Al convegno, andato in onda in diretta streaming, hanno preso parte anche Giovanni La Via, Presidente della Commissione ambiente del Parlamento europeo, Marianne Wenning, della direzione generale ambiente della Commissione europea, e gli eurodeputati del M5s Dario Tamburrano e Marco Affronte, insieme a un gruppo di cento cittadini e studenti provenienti dalla Basilicata, dalla Campania, dalla Puglia, dalla Calabria e dall’Emilia Romagna.

In conclusione Pedicini, ha voluto porre in rilievo i nuovi modelli di sviluppo per un uso responsabile e consapevole delle energie rinnovabili in alternativa alle fonti fossili richiamando il documento della Commissione Europea per il raggiungimento dell'”unione energetica”.

In tal senso, fanno certamente paura le parole di Isabella Violante, esponente della rete R.A.S.P.A, sullo Sblocca Italia: «Il vero problema non sono le trivellazioni in sé, ma il modello di sviluppo che si vuole imporre. Si tratta del modello Renzi-Guidi che, invece di promuovere azioni rivolte all’utilizzo di modelli energetici rinnovabili e alternativi al petrolio, dà centralità al profitto piuttosto che al benessere ed è pronto a barattare l’ambiente in cambio di una ricchezza illusoria», come leggiamo su Paese24.it.

vajontA più di 50 anni dal disastro del Vajont che costò la vita a 1.917 persone, tra cui 487 bambini, è disumano che si possa ancora pensare di considerare lecita una pratica simile; eppure, se si tiene conto di come dal 4 settembre 2014, data in cui la commissione Ambiente della Camera inserì un emendamento al Collegato ambientale con il quale bandiva il fracking dall’Italia, al 9 ottobre 2014, giorno in cui la commissione Bilancio della Camera chiese che venisse soppresso l’articolo 26-ter, cioè quello che stabiliva il divieto di tecniche di stimolazione idraulica attraverso iniezioni nel sottosuolo, era passato soltanto un mese, risulta evidente il deficit di distrazione che attanaglia l’Italia e gli italiani, la cui attenzione è troppo facilmente deviata verso altre “priorità”.

E se il Direttore di Greanpeace Italia, Giuseppe Onufrio, chiese una “sostanziale moratoria, fino a che non verranno risolti e chiariti gli aspetti ambientali che questa forma di estrazione presenta e definite le migliori tecnologie per eliminare o minimizzare questi impatti”, noi avanziamo in una decisa soppressione dell’epochè (sospensione di giudizio) perché ci risultano fin troppo assurdi ed estremi i rischi, per memoria storica e semplice buon senso.

 

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