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NO ALLA STABILITA’ A TUTTI I COSTI IN EUROPA

Caro direttore,

con il referendum di domenica, il popolo greco ha compiuto una scelta di campo. Con un semplice segno su di una scheda elettorale, ha definitivamente sbarrato la strada all’ingresso dei vertici europei sul territorio ellenico. Tsipras ha dimostrato a tutti come, nelle fasi di difficoltà, il populismo sia il vero oppio dei popoli. Si aprono ora molteplici scenari: l’uscita della Grecia dall’euro, nuovi piani di rientro del debito, un vero e proprio default stile Argentina. Sta di fatto che questo referendum non lascia vincitori ma solo vinti. Perdono Alexis Tsipras e la Grecia, per aver indetto un referendum su patti ormai conclusi, per essersi buttati a capofitto in un percorso ricco di incognite e difficoltà, per aver ridotto il popolo ad elemosinare i propri risparmi in coda ad un bancomat, per aver lasciato anziani e bambini senza beni di prima necessità. Perde l’Europa delle istituzioni finanziarie, perché dimostratasi forse troppo legata ai numeri e poco ai processi sociopolitici; perché ancora troppo unione di capitali e poco dei popoli. Perde la speranza di vedere una cessione della sovranità nazionale, al fine di avere una maggiore integrazione “continentale”. Il Presidente Mattarella fa bene a dire che si aprono scenari imprevedibili. La via maestra? Il senso di responsabilità: da parte di Tsipras, che deve entrare nell’ottica che i debiti vanno pagati, sempre; che deve comprendere che lo sviluppo di un popolo, non passa per proclami in piazza, ma attraverso attività di mediazione ed integrazione con i partner politici ed economici di quel grande progetto chiamato Unione Europea. Da parte dell’Europa, che non può anteporre la stabilità a tutto e a tutti, che deve iniziare ad investire sui suoi stati membri;  che deve abbandonare l’aspetto dell’istituzione foriera di tagli e tasse, a favore di quello che deve essere lo scopo per cui è stata concepita: una federazione di Stati, una comunità di destino che marci, unita e sotto regole comuni, per uno sviluppo economico e sociale diffuso ed omogeneo. Senza questa presa di responsabilità, non solo la Grecia rischia di non uscire più dal baratro, ma l’intera Unione rischia di vedere il proprio tramonto. Insomma, caro direttore, ricordando un antico detto, se Atene piange, Sparta non ride.

 

 

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