“La crudeltà umana non ha limiti. Lo storia di Telejato é costellata di atti intimidatori, ma mai come questa volta così codardi e ignobili”. Ancora una volta, ancora contro un’emittente di trincea ed in trincea, ancora contro Pino Maniaci. Sono stati, infatti, trovati morti i due cani storici di Telejato, Billy e Cherie, impiccati alla recensione dove stavano dormendo. Stando all’articolo sul sito dell’emittente: “I poveri animali sono stati brutalmente uccisi, presumibilmente malmenati o avvelenati e successivamente appesi alla recinzione del loro ricovero in contrada Timpanella. Il ritrovamento é appena avvenuto al termine della consueta edizione del telegiornale”.
Non è la prima volta che il direttore Maniaci subisce intimidazione mafiose: un pestaggio, la macchina data alle fiamme, una lettera di intimidazione e, l’altro giorno, il ritrovamento dei due cani impiccati. L’emittente, rilevata dall’imprenditore edile alla fine degli anni ’90, è nota per le sue forti denunce alle attività criminali e di stampo mafioso nel territorio dove trasmette. Lo stesso territorio dove è radicata, storicamente, la presenza della mafia.
Anche il Presidente Matteo Renzi ha chiamato personalmente per esprimere solidarietà per il gesto subito: «Chiamo per dare un grande abbraccio ed un pensiero di solidarietà – ha detto il Premier – Quello che lei ha ricevuto negli anni è insopportabile e la vicenda di ieri, per quanto è triste, mi ha permesso di telefonarla. Appena è a Roma mi farebbe piacere conoscerla».
I giornalisti, in Italia, troppo spesso subiscono minacce per il proprio lavoro. Attraverso il progetto ‘Ma chi me lo fa fare’ è possibile vedere una mappa interattiva delle minacce subite nelle varie regioni d’Italia, che, almeno su questo triste argomento, non trovano grosse differenze tra sud e nord.
Dall’inizio dell’anno, secondo Ossigeno sono stati segnalati 452 casi di minacce. Più di uno al giorno. Le minacce ai giornalisti rappresentano l’indice di un paese fortemente malato. “Secondo le stime di Ossigeno esposte nel Rapporto 2011, dietro ogni intimidazione documentata dall’Osservatorio almeno altre dieci restano ignote perché le vittime non hanno la forza di renderle pubbliche”.
Foto di Gianluca Costantini