Tu stive ‘nzieme a n’ato
je te guardaje
primma ‘e da’ ‘o tiempo all’uocchie
pe’ s’annammura’
già s’era fatt’ annanze ‘o core.
A me, a me
‘o ssaje comme fa ‘o core
a me, a me
quann’ s’è annamurato.
Tu stive ‘nzieme a me
je te guardavo e me ricevo
comm’ sarrà successo ca è fernuto
ma je nun m’arrenn’
ce voglio pruva’.
Poi se facette annanze ‘o core
e me ricette:
“Tu vuoje pruvà?
E pruova, je me ne vaco!”
‘O ssaje comme fa ‘o core
quann s’è sbagliato.
Una poesia, una voce e una chitarra.
Massimo Troisi firma uno dei più appassionati testi poetici napoletani contemporanei. Una poesia che dalla penna dell’attore partenopeo è passata alle note di un altro suo geniale conterraneo, Pino Daniele. Quest’ultimo, consacrandola in una splendida canzone, l’ha consegnata al grande pubblico.
Il cuore, in fondo, pur nelle infinite contraddizioni della terra di Partenope, è la cifra caratterizzante della sua cultura e del suo popolo. Un cuore che in talenti straordinari, come appunto Massimo Troisi e Pino Daniele, ha trovato la sua forma più perfetta.
Il testo è il breve cortometraggio di una storia d’amore nata e finita. Le parole semplici, ma magistralmente orchestrate, si fanno portavoce di un cuore che racconta le sue vicissitudini. In una cornice malinconica sono scanditi i momenti salienti: l’attesa, la gioia, il dolore.
“O ssaje comme fa o core”, apostrofava Troisi. Lo sappiamo bene come si comporta il cuore, conosciamo l’imprevedibilità del suo operato, e non solo in amore.
In un giorno di lutto e di ricordi, Napoli non può che essere debitrice nei confronti dei suoi figli più ribelli, di quelli che con il cuore non hanno avuto paura di metterla a nudo completamente, rivelandone spesso le miserie, le incoerenze, i paradossi.
Pertanto, il cuore che li ha uniti nella vita e nell’arte, purtroppo, li ha resi fratelli anche nella morte. Un cuore, è vero, traditore e sicuramente anche un po’ meschino, ma che non esaurisce la sua forza nel breve scorcio di un’esistenza. Le loro opere sono ormai impresse nei cuori di tutti coloro che li hanno amati e apprezzati. E sono i più.
Se fosse stato in vita, Massimo Troisi e la sua comicità oggi avrebbero compiuto 68 anni. Neanche tanti. Da troppi anni, invece, l’Italia non può più ammirare la pungente ma scanzonata ironia e quel “ritmo” tutto suo. Quegli sguardi malinconici, quella facilità con cui rappresentava e “interpretava” una grande fetta del proprio popolo, della gente partenopea. Nato a San Giorgio a Cremano, terra di presepi e di artisti. Da quel triste giorno del 1994, quando un arresto cardiaco strappò Troisi alla sua gente, Napoli ride di meno. E l’Italia pure.