Il volume diventa l’occasione per una serie di letture tematiche del lavoro dell’architetto milanese . Il suo complesso edilizio multifunzionale in corso Italia (1957-64), costruito in un quartiere pesantemente colpito dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, dispiega una complessa narrazione spaziale dalla scala della città a quella del materiale e del dettaglio. Il volume guarda a questa realtà a molte facce attraverso documenti originali dall’Archivio LCD, un nuovo servizio fotografico di Cino Zucchi, ricostruzioni tridimensionali appositamente realizzate. I saggi di Cino Zucchi e Orsina Simona Pierini leggono questo “capolavoro silenzioso” sullo sfondo del rapporto tra Caccia Dominioni e la sua città e quello del suo peculiare approccio progettuale, mostrando la sua rilevanza nel pensiero architettonico contemporaneo.
Luigi Caccia Dominioni nasce a Milano nel 1913, nel palazzo di famiglia in piazza Sant’Ambrogio. La famiglia paterna, di origini aristocratiche, è nota a Milano dalla fine del Quattrocento, mentre quella materna viene dalla Valtellina.
Dopo gli studi superiori presso i Gesuiti, Caccia si laurea in architettura nel 1936 presso il Politecnico di Milano e l’anno successivo apre uno studio professionale con i fratelli Livio e Pier Giacomo Castiglioni, partecipando in quegli anni a diverse Triennali. Dopo la guerra inizia la propria attività professionale in proprio che porterà avanti fino alla morte nel novembre del 2016.
Nel 1949 fonda – insieme a Ignazio Gardella e Corrado Corradi Dell’Acqua – Azucena, azienda specializzata in arredi e oggetti di design. Uno dei suoi primi lavori è la ricostruzione della propria casa distrutta dalla guerra. Tra la fine degli anni Quaranta e la fine degli anni Settanta progetta e realizza a Milano svariati edifici residenziali, uffici e istituti religiosi, ed è attivo nel campo del disegno di interni.
Dopo un periodo vissuto a Monte Carlo, rientra a Milano dove continua la sua attività professionale estendendola a edifici universitari, strutture commerciali e sistemazioni urbane. In parallelo all’attività milanese, realizza diverse opere in Valtellina, tra cui chiese e biblioteche, e in Engadina, meta amata di vacanza; entrambi luoghi, insieme alla città lombarda, che hanno lasciato tracce evidenti nella sua formazione architettonica.
Con la sua opera ha contribuito a definire la nuova immagine della città della ricostruzione. Tra gli edifici residenziali, diverranno esempi significativi nella storia dell’abitare moderno i condomini di via Nievo, Massena, Vigoni e piazza Carbonari, realizzati tra il 1955 e il 1964, oltre ai più misurati interventi nella città storica come quelli di corso Monforte o vicolo Santa Maria alla Porta, via Cappuccio, via Bigli. Dopo anni di silenzio sulla sua opera, nell’ultimo decennio il suo lavoro è diventato un riferimento fondamentale nel dibattito internazionale.