A margine del dibattito che lo ha visto protagonista alla Festa de L’Unità di Pomigliano D’Arco, il Presidente del Partito Democratico risponde ad alcune nostre domande.
Il tema d’attualità, anche alla luce della condanna al presidente Vasco Errani, è quello della giustizia. Come va riformata?
«Innanzitutto sono convinto che Errani è una persona perbene che ha agito sempre negli interessi dei cittadini dell’Emilia. Resto convinto che la sua reazione sia stata sbagliata, per questo ho scritto quel tweet chiedendogli di ripensarci. Del resto, una volta, il garantismo era di sinistra. Purtroppo ogni volta che si parla di giustizia si pensa ad un inciucio, in realtà occorre rendere al meglio un sistema che non funziona, anche perché per molti anni la magistratura ha svolto la funzione di supplenza della politica».
Sullo scontro-incontro tra il PD ed il M5S che ne pensa?
«Loro hanno cambiato diverse volte idea. Del resto, non essendo un partito strutturato, devono adeguarsi alle posizioni della giornata: prima Di Maio, poi Grillo, poi ancora Casaleggio. Per questo abbiamo scritto quelle 10 domande e chiesto loro di trovare una risposta che sia una sintesi delle loro posizioni. Noi abbiamo la maggioranza ed abbiamo chiesto di discutere la legge elettorale perché crediaml che le regole del gioco debbano essere condivise».
Se non sbaglio, lei era un sostenitore del proporzionale.
«Lo sono ancora, purtroppo però sono l’ultimo a pensarla così nel partito. Adesso è alle camere una riforma maggioritaria, che però ci vedrà ancora discutere sulla questione delle preferenze, con la quale stiamo raggiungendo l’obiettivo del superamento del bicameralismo perfetto che allunga i tempi per legiferare. A volte occorrono anche due anni per una legge e questi non sono tempi di un paese moderno ed europeo. Una cosa che non condivido è l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti perché così si apre il rischio che giungano nelle assemblee rappresentative persone che non rispondono ai partiti ma alle lobby di potere che hanno finanziato le loro campagne elettorali».
Il Partito Democratico nel PSE ed il grande risultato alle europee. È l’effetto Renzi che però non si è sentito alle amministrative?
«È indubbio che il risultato alle europee sia merito di Renzi, come sua è stata la bravura a superare le incertezze di questi anni che ci vedevano di fatto nel PSE ma non lo eravamo uffcialmete. In questa campagna elettorale siamo stati bravi a far capire ai cittadini che il nostro partito è unito e che insieme vogliamo cambiare il paese. Purtroppo questo “effetto Renzi” che ci ha portato al risultato europeo non ha avuto lo stesso seguito sui territori dove il partito si è mostrato diviso ed ha proposto, come in questi territori, alleanze strampalate. Occorre superare questo stato di correntismo, aprendoci e mettendoci in discussione. Non è più tollerabile la situazione dei baroni o signorotti presenti ancora nelle realtà locali».
Quali sono le nuove parole d’ordine del PD secondo lei?
«Eguaglianza ed istruzione. La sinistra ed il meridionalismo avevano la loro radice proprio nell’eguaglianza. Gli 80€, nonostante sono una misura ridotta e non ancora per tutti, vanno in quella direzione. Il premier ha proposto a Padoan di estenderla anche ai pensionati, di tutelare meglio la maternità e la malattia. Sulla riforma dell’istruzione dobbiamo parlare a tutta la società, non solo agli addetti ai lavori. Far capire in Europa che è una priorità, non può essere solo un’unione monetaria e di mercati».
Un’ultima domanda sulla Campania e su Napoli. Ad oggi la direzione regionale del PD non è ancora composta.
«In diverse realtà ci sono diversi problemi, però c’è un dato che le unifica: sta finendo il ciclo del centrodestra. Dobbiamo, però, essete pronti a vincere le elezioni. Abbiamo un partito con micro o macro notabilati, motivo per cui non è facile vincere. O ripartiamo dalla costruzione di un progetto per Napoli e la Campania con chi ci vuole stare e Roma lo garantisce o perdiamo. A me piacerebbe che noi riuscissimo a costruire qualcosa che guarda a quello che stiamo provando a fare a livello nazionale e non mantenere lo status degli ultimi decenni».