In otto mesi di sistemazione “provvisoria” di 10 famiglie Rom nell’Auditorium Fabrizio De André di Scampia, in seguito alla perdita delle loro baracche per un incendio presumibilmente doloso il 27 agosto 2017, si era progressivamente instaurato da parte di singoli, componenti del “Comitato abitare Cupa Perillo”, associazioni locali un rapporto di vicinanza, conoscenza, familiarità, si potrebbe dire complicità in una situazione precaria in attesa di una dignitosa soluzione abitativa, con donne e bambini che andavano a scuola e giocavano all’interno ed all’esterno dell’entrata dell’Auditorium, e nelle mie visite raccoglievo le loro richieste di latte, pannolini per i più piccoli, medicine e così via. Queste famiglie per la loro intimità dietro una tenda si erano distribuiti gli spazi e la cura di essi e dei servizi comuni e convivevano pacificamente. In un certo senso si era costituita una comunità di vita tra di loro e con noi. La loro partenza e dispersione a partire dal 18 aprile ha creato un vuoto, in attesa di conoscere loro sistemazioni abitative più dignitose richieste dal “Comitato Abitare Cupa Perillo” nell’ interlocuzione con il Sindaco e l’Assessoro al Welfare del Comune partenopeo.
A questo punto, non si può trascurare una riflessione sulla gestione di questa emergenza abitativa delle 10 famiglie Rom specialmente da parte dell’Assessorato al Welfare del Comune di Napoli, avendo seguito la vicenda con il Comitato menzionato. A nostro avviso, si è trattato di una MALA-GESTIONE, di un MALO-MODO e MAL-TRATTAMENTO dei ROM sistemati provvisoriamente nell’Auditorium di Scampia, trasformato in un accampamento per avere un tetto. In primo luogo, si deve rilevare che, nonostante che alle vetrate di ingresso fosse affissa una scritta “Centro comunale di accoglienza temporanea”, – a parte l’affidamento dell’ accoglienza temporanea alla cooperativa sociale “L’uomo ed il legno” per circa due mesi con uno stanziamento di 75 mila euro non ancora pervenuti agli interessati – è mancata per i restanti 6 mesi la presenza fissa di un responsabile comunale della gestione della struttura pubblica, affidata all’autonomia delle famiglie ospitate e ad interventi non coordinati di singoli ed associazioni.
In secondo luogo, in maniera informale ed irrituale, è stato richiesto dall’Assessore al Welfare ad alcune associazioni locali di diversa ispirazione di provvedere gratuitamente e volontariamente ciascuna per un giorno alla settimana alla fornitura dei pasti per tutto il periodo di permanenza delle famiglie Rom. Non è mancata l’attenzione e la generosità di singoli ed associazioni del territorio per altre esigenze,
In terzo luogo, per una sistemazione abitativa dignitosa di queste famiglie, da parte del Comitato abitare Cupa Perillo è stato più volte richiesto di favorire l’accesso ad una abitazione pubblica o privata per l’inclusione sociale abitativa richiesta dalla stessa “Strategia nazionale di inclusione sociale di Rom, Sinti, e Camminanti”. Dall’Assessorato è stata elaborata – senza alcuna concertazione con le famiglie Rom interessate ed il Comitato –
una soluzione sbrigativa dell’erogazione di un contributo una tantum di euro cinquemila
a famiglia per la c.d.”Autonomia abitativa” sulla base di alcuni criteri indicati, ed abbandonare la struttura senz’altro a pretendere. Quattro famiglie sono risultate sprovviste dei criteri richiesti ed abbandonate a se stesse. A questo proposito, devo segnalare che più volte per iscritto ho chiesto all’Assessorato di provvedere all’accompagnamento di queste famiglie per una regolarizzazione della loro posizione, come promesso, per poter accedere al contributo. Inoltre, da un giorno all’altro in maniera sbrigativa – cioè in malo-modo – il giorno 18 aprile è stato intimato da un funzionario comunale alle famiglie destinatarie a cui era stato erogato il contributo di abbandonare la struttura entro 24 ore (sic!).
Secondo il “Comitato abitare Cupa Perillo” e l’associazione “Chi rom …chi non” , in una lettera indirizzata al Sindaco De Magistris ed al Prefetto di Napoli per chiedere urgentemente un tavolo di confronto per affrontare in maniera seria, competente e lungimirante la questione del diritto all’abitare delle comunità rom residenti a Napoli, si evidenzia che “La partita che si gioca oggi non riguarda solo il destino di queste famiglie, in ballo sono le politiche locali e nazionali sul tema dell’abitare e dell’inclusione sociale di comunità rom che risiedono a Napoli, a Scampia con precisione da oltre 30 anni, tra loro ci sono cittadini italiani che per la prima volta dopo tre generazioni, alle scorse votazioni hanno esercitato il diritto di voto e che provano a costruire percorsi di cittadinanza senza alcun risultato tangibile di miglioramento delle loro vita, della comunità, del quartiere a cui si sentono di appartenere e da cui senza volere stanno allontanandosi”