«C’era un gran silenzio, nel plenilunio vasto e gelido, intorno a noi, e il fiume era carico di detriti di ghiaccio e di lastroni color bottiglia. E anche in noi, nel nostro petto, c’era un silenzio più profondo e più gelido di quello dei morti». È la Val Trebbia in cui Giorgio Caproni fece la Resistenza: ombrosa, triste, stanca si riflette nel suo stesso specchio, «Era una notte, questo è certo: una notte dell’anno e dell’uomo».Ardengo Soffici si ritrova faccia a faccia con il conflitto: «Durante un alt, prima di varcar lo schienale del monte, ebbi la sensazione vera della sinistra tragicità della guerra, in un bosco mutilato, tribbiato, devastato dall’artiglieria». Tutto ciò è racchiuso nel libro “Paesaggi del Trauma” di Matteo Giancotti, il quale fa dialogare elementi all’apparenza lontani come il trauma, il paesaggio , andando a scavare nelle scritture letterarie, memorialistiche per arrivare al termine che il paesaggio neutro non esiste e che il paesaggio è molto più di uno scorcio di monti, valli, fiumi e case, è uno spazio psicologico, è una levatrice che consente all’«impossibile da dire», di trovare una strada per venire alla luce. «Senza letterarietà nemmeno il paesaggio esiste».
E poi c’è il trauma che con la sua potenza devastatrice, stravolge gli equilibri degli individui e delle comunità. Due i momenti storici traumatici attorno a cui si muove il volume: la Grande guerra e la Resistenza .
È nel cortocircuito fra trauma e paesaggio che il volume trova lo snodo della nuova letteratura, la svolta di temi, generi e stili, il punto di rottura fra il «vecchio» modo di scrivere e di sentire e il nuovo modo di dar luce all’esperienza della precarietà dell’esistenza.
Il paesaggio diventa «una pellicola su cui i traumi della guerra si sono impressi indelebilmente, continuando a presentarsi davanti agli occhi dei soldati nella forma di luoghi». I soldati hanno impressi negli occhi, ciò che hanno visto, hanno dentro l’area che hanno respirato, i monti che hanno visto, le persone che hanno incontrato, hanno dentro le voci che hanno udito.