Ieri pomeriggio Papa Francesco ha fatto visita ad Edith Bruck, scrittrice ebrea sopravvissuta alla Shoah.
Il Santo Padre si è recato a casa della donna quasi novantenne, dopo aver letto una sua testimonianza, risalente ad un’intervista del 26 gennaio scorso, dove raccontava delle atrocità vissute ad Auschwitz da lei e dalla sua famiglia durante il nazismo.
Durante quel colloquio, la giornalista Francesca Romana de’ Angelis rivolge una serie di domande toccanti alla scrittrice ebrea, cui seguono risposte che vengono interrotte da lacrime.
Le viene chiesto: “Come si sopravvive in mezzo a tanto orrore?”
“Non so risponderti. I miei genitori e uno dei miei amati fratelli non sono sopravvissuti. Io penso di essermi salvata solo grazie a mia sorella. Mi stringeva tra le braccia, mi ripeteva che non mi avrebbe mai lasciata, mi faceva intendere che avremmo ritrovato presto i nostri genitori e poi mi chiamava.” Questa la risposta di Edith Bruck, travolta dal dolore.
Rimasto colpito dalle parole della donna, Francesco ha deciso di recarsi a sorpresa nella sua abitazione a Roma, per ringraziarla del suo coraggio e rendere omaggio a tutti coloro che si sono trovati ad affrontare le crudeltà naziste.
La poetessa ha descritto l’esperienza dei lager ed ha sottolineato l’importanza della memoria e il ruolo che gli anziani hanno nel coltivarla e tramandarla ai più giovani.
Un modo di fare e di parlare fermo ma dolce, mai si potrebbe immaginare l’inferno in cui Edith Bruck ha vissuto e da cui è tornata. Durante il suo racconto non si può far a meno di notare la sofferenza nei suoi occhi, mentre si ritrova a parlare delle brutalità che le erano imposte.
Prima di salutare Edith Bruck, il Santo Padre le ha donato una menorah, il candelabro a sette bracci della religione ebraica, e un libro, il Talmud babilonese.
E per ultimo le ha rivolto queste parole: “Con sincerità le ripeto le parole che ho pronunciato dal cuore allo Yad Vashem e che ripeto davanti ad ogni persona che come lei ha sofferto tanto a causa di questo: perdono Signore a nome dell’umanità.”
Edith Bruck ha dedicato la sua vita a testimoniare quanto ha visto, nella speranza che persone come lei, che hanno vissuto sulla propria pelle l’orrore del nazismo, possano essere ricordate nel tempo.