Pasqua come passaggio, il nodo della storia è in una pietra di tomba opaca, massiccia, incombente.
La festa di Pasqua che oggi celebriamo e per la quale ci scambiamo gli auguri più sinceri, è molto antica e la sua origine si perde nella notte dei tempi. Era una festa che esisteva già prima del popolo ebraico; una festa di pastori nomadi che si regolavano col calendario lunare e quando vedevano la luna piena dopo il solstizio di primavera avevano la certezza della buona stagione; quindi immolavano un agnello per indicare il loro senso di adorazione al mistero superiore, che governa la vita, e per propiziare una buona stagione. Ma il sacrificio dell’agnello, fatto verso il 1250 a.C. nella notte della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto, diviene da quel momento storico
la festa dell’Esodo, della liberazione, dell’intervento di Dio a favore del suo popolo.
Viene così celebrata come festa principale dell’anno dal popolo ebreo per una settimana intera di preghiera,
di memoria, di lode, di ringraziamento.
Circa 1300 anni dopo l’origine storica di questa festa della liberazione dall’Egitto, la settimana della festività viene a coincidere con la notte dell’arresto di Gesù, il giorno della sua crocifissione e risurrezione. Da duemila anni la pasqua ci fa rivivere la risurrezione del Crocifisso. La Chiesa ripete le parole che i nostri fratelli ortodossi si scambiano come saluto: ” Cristo è veramente risorto ! ”. Come si può vivere senza speranza, pensando che tutto avrà fine? Che non moriamo per sempre, che non muoia per sempre chi amiamo, che la vita non finisca nel nulla.
Il cristiano è dunque colui che proclama: ” Gesù Cristo è veramente risorto !”. In questa proclamazione
è inclusa la professione di tutte le altre verità cristiane come la Trinità, la nostra risurrezione e quella
della creazione intera.
Mercoledì scorso, durante l’udienza generale, Papa Francesco ha ricordato che la Pasqua è la festa più importante della nostra fede, “perché è la festa della nostra salvezza, la festa dell’amore di Dio per noi” che celebra “un grande unico mistero: la morte e la risurrezione del Signore Gesù” che ci rende nuove creature. L’annuncio “Cristo è risorto” – ha affermato il Papa – “è il centro della nostra fede e della nostra speranza”, che “continuamente evangelizza la Chiesa” che “a sua volta è inviata ad evangelizzare”. “Questa è la grandezza dell’amore di Gesù: dà la vita gratuitamente per farci santi, per rinnovarci, per perdonarci”. Un cristiano, “pur rimanendo peccatore, perché tutti lo siamo, – ha precisato Francesco – non può più essere corrotto, la giustificazione di Gesù ci salva dalla corruzione, siamo peccatori ma non corrotti; non può più vivere con la morte nell’anima e neanche essere causa di morte”. Ma “ci sono i cristiani finti” – ha osservato – che continuano a vivere una vita corrotta: “questi cristiani finti finiranno male”. Invece, grazie alla vita nuova che ci dona il Signore, “il prossimo, soprattutto il più piccolo e il più sofferente, diventa il volto concreto a cui donare l’amore che Gesù ha donato a noi. E il mondo – ha detto il Papa – diventa lo spazio della nostra nuova vita da risorti. Noi siamo risorti con Gesù” e grazie a Lui possiamo essere “strumenti di riscatto e di speranza, segni di vita e di risurrezione”.