Per tutto il giorno la commissione congressuale presieduta da Lorenzo Guerini ha tenuto le fila di un confronto aspro, specie fra renziani e Michele Emiliano. Gira persino la voce che quest’ultimo avrebbe minacciato clamorose dimissioni dal partito se si fosse scelta la data del 9 aprile.
Ma Matteo Renzi (le comunicazioni con la California sono state continue) sapeva di dover concedere tempo agli avversari. La scelta era caduta sul 23 aprile e l’accordo sembrava chiuso, soprattutto con Andrea Orlando. Ma Emiliano ha stressato ancora la situazione: “Abbiamo concluso sul 30, non avremmo potuto reggere un’altra spaccatura”, confida uno degli uomini dell’ex segretario.
La proposta della commissione congressuale alla Direzione è questa: i congressi dei circoli si terranno entro marzo. Vi parteciperanno gli iscritti (c’è tempo fino al 28 febbraio per iscriversi) mentre il 9 aprile si terrà la Convenzione nazionale che tirerà le somme del voto degli iscritti. Le primarie si terranno, come detto, il 30 aprile, e l’assemblea nazionale che dovrà o procedere al ballottaggio fra i primi due (se nessuno avrà raggunto il 50%) o proclamare il vincitore si riunirà il 7 maggio.
E’ il caso di ricordare come il 30 aprile cada di domenica, un giorno prima della festività del Primo Maggio. Ne consegue che l’elettorato del Pd, per esprimersi nell’urna delle primarie, dovrà rinunciare all’idea di un lungo ponte lontano da casa.