Le gravi condizioni di vita dei circa 4000 Rom che fra Napoli e provincia sopravvivono nei campi, autorizzati o abusivi, sono una delle espressioni apicali del malessere delle nostre società urbane contemporanee. La massima parte di queste persone non sono nomadi ma abitano da anni, decenni a Napoli.
Ciclicamente avvengono incidenti, proteste più o meno giustificate da scintille di conflitto. Provocazioni in alcuni casi obiettivamente fastidiose, talvolta inventate di sana pianta e spesso fomentate da personale politico delle Municipalità che cerca di far tesoro del consenso sempre possibile per chi soffia sul fuoco dell’insicurezza sociale. Le notizie di questi giorni in merito al conflitto per il campo Rom di Via del Riposo sono del tutto analoghe a quelle che vengono dal quartiere Baggio di Milano. Le cronache in città mettono in ombra la tragedia dei campi in provincia, a Giugliano come a Capua ove la legalità sostantiva è una retorica fuori moda.
I Comuni vivono una crisi straordinaria, cognitiva e politica oltre che finanziaria e di fatto risultano inadempienti o comunque esprimono una strategia inefficace quando non illegale.
Con il Commissariato straordinario giustamente abolito da una sentenza del Consiglio di Stato nel Novembre 2011, i Ministeri e le istituzioni locali, Prefettura, Regione, Comune, sentivano un impegno più pressante. Con il superamento di questa fase emergenziale i Comuni di fatto sono rimasti da soli senza avere i mezzi necessari e le capacità di impostare in tempi veloci una strategia di tipo integrato.
Anche per rispondere a giuste richieste dell’Unione Europea il Governo Monti approvò una strategia nazionale che prevede obblighi agli Enti locali, di fatto disattesi. Un documento del governo che in linea con le direttive europee ha chiarito che gli sgomberi, senza reali dignitose alternative e una civile informazione e accompagnamento sociale dei Rom sono illegali.
La Regione deve nominare da un anno un referente del tavolo interistituzionale che dovrebbe occuparsi della concertazione della strategia per i Rom. La Prefettura di fatto latita, affidando la questione a pochissime persone che hanno complessivamente il carico di occuparsi di tutte le problematiche degli immigrati nella Provincia di Napoli. Il Consiglio Territoriale è un organo lento, depotenziato e inefficace.
Vi è quindi una sostanziale frantumazione degli interventi e dei soggetti. Ci sono piccoli progetti tutti occasionali, politiche sociali ed educative ridotte ai minimi termini. Pur se non mancano tentativi anche recenti è ancora da fare bene il lavoro di costituzione, sostegno e rafforzamento di una rete integrata multistakeholders di attori, degli enti pubblici e del privato sociale, impegnati alle diverse scale territoriali e realmente in contatto continuativo con le persone Rom. È grave l’assenza di una visione d’insieme che tenda a ridurre il grado di entropia. A Napoli la debolezza del protagonismo dei Rom nella rivendicazione dei loro diritti e la frantumazione dispersione, occasionalità delle politiche e dei soggetti che si occupano della questione, sono forse i limiti più gravi che depotenziano gli effetti di ogni impegno a favore dei Rom per la loro liberazione e inclusione sociale.
Il superamento dei campi ove sono di fatto segregati i Rom va realizzato con un quadro più complesso e tendenzialmente integrato di azioni con cui si riescano ad immaginare e a trattare le diverse dimensioni qualitative della questione. Questo implica la costituzione di una cabina di regia dedicata, in cui siano investite competenze diverse, capaci di dialogo e cooperazione, programmazione di tempistiche differenti ma coerenti fra il trattamento delle questioni amministrative, sociali, urbanistiche, igieniche, edilizie, finanziarie. Un anno fa il Comune ha approvato una delibera quadro. L’Assessore Gaeta si sta impegnando. Occorre però una spinta molto più forte, data direttamente dal Sindaco che ottenga un coinvolgimento vero delle altre Istituzioni e costituisca un gruppo di lavoro in supporto della cabina di regia.
Bisogna ricostruire e condividere un pensiero, rimotivare e responsabilizzare gli operatori pubblici che già si occupano della questione, trovare finanziamenti per realizzare risposte concrete e mettere al lavoro persone competenti. Occorre evidentemente una immaginare risposte a breve, medio e lungo periodo, sempre tenendo ben conto che, senza negare responsabilità di singoli individui, in tutta la questione i Rom sono il soggetto debole e non i barbari da scacciare.