Qui ed ora

Perché Marino deve andar via?

Gli occhi di tutta l’Italia sono puntati su Ignazio Marino, negli ultimi giorni. Le notizie dell’ultim’ora vorrebbero che le dimissioni siano formalizzate soltanto lunedì 12 ottobre, e quest’indugio getta un’ulteriore ombra di incertezza sul futuro immediato del sindaco di Roma e della capitale. Del resto Marino non aveva proprio l’aria di chi si lascia fermare e intimidire dalle critiche e dagli scandali che hanno travolto la città e la sua amministrazione da un po’ di tempo a questa parte. Persino nella lettera di dimissioni, rivolta direttamente ai cittadini, ricordava che le stesse possono essere ritirate entro 20 giorni: quasi un indizio, sottile, della sua volontà a rimanere fermo al suo posto. Anche se, oramai, il dado pare essere inesorabilmente tratto. Il sospetto, però, che quel gesto di farsi da parte sia stato condizionato, se non proprio indotto, da qualcun altro, rimane.

E qui veniamo a Matteo Renzi: «Credo che al punto in cui eravamo non ci fossero più alternative. E dunque credo che Ignazio Marino abbia fatto bene a dimettersi. Adesso chi vuole bene a Roma la smetta con le polemiche e con le divisioni: ho fatto il sindaco e so che ai cittadini interessa che si sistemino le strade e i giardini, non le liti tra correnti». Parole del premier, apparse sull’Unità e testimoni più che mai del solco che si era scavato tra i due esponenti del PD, mese dopo mese sempre più profondo. I fatti sono questi: prima c’è stata Mafia Capitale, che ha rappresentato una spina nel fianco non soltanto dell’amministrazione romana, ma dell’intero governo; poi sono venuti fuori i nomi dei Casamonica alla ribalta delle cronache televisive e delle indagini giornalistiche, le rivelazioni choc di Salvatore Buzzi (benché coinvolgano più da vicino il predecessore Gianni Alemanno, hanno comunque contribuito a gettare su Roma un’ombra lurida di lerciume), e ancora le cene rimborsate (forse) illecitamente: tutto è finito nel calderone del malaffare che gravita attorno alla città, e ovviamente alla politica che, in questi casi, è la prima a farne le spese, e a pagare il prezzo delle sue responsabilità.

Vi ricordate di quando Maurizio Lupi, all’epoca Ministro delle infrastrutture, annunciò le proprie dimissioni a seguito dello scandalo per le Grandi Opere che coinvolgeva proprio il suo ministero? E di come quelle dimissioni siano state caldamente sostenute dai vertici istituzionali? Ecco, Fabrizio Cicchitto sostenne allora che Renzi volesse liberarsi di Lupi perché costituiva un problema di immagine per il governo. Il punto della questione sta tutto qui: anche Ignazio Marino, ora come ora, costituisce un problema mediatico per Matteo Renzi, a prescindere da quali siano le sue colpe, poiché quello che si rimprovera al sindaco di Roma è “soltanto” di non aver saputo tenere testa alle difficoltà in cui è immersa la caput mundi. Non importa quanto le sue mani siano pulite, è un problema di debolezza (politica, s’intende), che rischia di riflettersi sul governo intero. Per questo Renzi non può più sostenere Marino. Ora si pensa già ai nomi dei commissari, e a chi dovrà raccogliere l’eredità romana fino alle prossime elezioni. Si fanno i primi nomi, Sabella, Giachetti, Gabrielli, e si guarda al Giubileo, come se Marino se ne fosse già andato. Che egli sia convinto o meno di queste dimissioni, poco importa, il suo partito non lo appoggia più. Partito che, comunque andranno a mettersi le cose, ha perso. Bisogna solo impedire che la situazioni precipiti per non lasciare il posto a qualcun altro, mostrarsi forti anche nella sconfitta, per far vedere che il PD sa quando è ora di cambiare, ma è sempre lì. Come al solito, è questione di immagine.

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