di Padre Domenico Pizzuti
L’attenzione sulle periferie napoletane è stata richiamata negli ultimi mesi dalle tragiche morti di due giovani: Ciro Esposito a Scampia e Davide Bifolco al Rione Traiano. Due periferie dove storicamente progetti urbanistici abitativi per diverse ragioni si sono rivelati fallimentari, negli anni settanta al Rione Traiano ed ottanta a Scampia. La conoscenza superficiale delle condizioni e della vita di queste periferie è data prevalentemente da informazioni ed immagini diffuse dei media, che facilmente riproducono stereotipi negativi. Ancora venerdì 26 settembre in un reportage di Domenico Iannaccone attraverso la città di Napoli (I dieci comandamenti-Spaccanapoli, Rai 3) per svelarne contraddizioni ed umori, la macchina da presa per Scampia si è fermata sullo Skyline delle Vele abitate da senza tetto in tutti loro anditi più orridi ed osceni ed invivibili condizioni di vita e sull’Istituto penitenziario di Secondigliano, dove accorrono per visite i familiari dei detenuti. Ci sono certe altre narrazioni letterarie più meditate ed anche prodotti documentaristici per le diverse zone interessate.
Nell’incipit del famoso testo di Max Weber “La scienza come professione” l’A. avverte «E’ una specie di pedanteria di noi economisti, alla quale voglio attenermi, quella di prendere le mosse dalle condizioni esterne: come si configura la scienza come professione nel senso materiale della parola» (La scienza come professione. La politica come professione, Einaudi, Torino 2004, p. 5). Di qui l’invito a considerare le condizioni materiali delle periferie, anche in riferimento alle “periferie esistenziali”, prevalentemente per l’area napoletana, sulla base dell’osservazione e del vissuto delle popolazioni per coglierne alcune condizioni e movimenti.
Due premesse rispetto al concetto o categoria di “periferie”: le periferie dell’area napoletana (occidentale, nord, orientale) non manifestano un profilo univoco per quanto riguardo l’origine, la progettazione urbanistica, il tessuto sociale (aspetti demografici, economici, sociali e culturali) e la dotazione dei servizi. Una stessa realtà periferica come quella di Scampia presenta una stratificazione sociale per quanto riguarda condizione abitativa, risorse economiche e culturali, rapporti con le istituzioni e gli strati sociali non interagiscono. La periferia rispetto ad un centro è una metafora spaziale che ha ampliato il suo significato ed è stato applicato a diversi livelli della scala geografica, ed è passato ad altri ambiti, come quello delle “periferie esistenziali” evocato da papa Bergoglio per sollecitare la chiesa ad uscire dai templi e andare incontro a “quelle del mistero del peccato, del dolore, delle ingiustizie, dell’ignoranza… del pensiero, di ogni miseria”,
Le aree periferiche sono generalmente svantaggiate rispetto al centro cittadino, sia dal punto di vista urbanistico e funzionale, che dal punto di vista socio-economico. Si tratta di aree urbanizzate in seguito allo sviluppo demografico ed alla conurbazione, nel secondo dopoguerra o dopo il terremo dell’ottanta per rispondere al bisogno di abitazione. E’ più importante rilevare che il rapporto centro-periferia è di fatto ampliato ad altri ambiti che non sono puramente geografici. Già nella considerazione delle condizioni di sottosviluppo economico del Mezzogiorno nell’immediato dopoguerra – come nel volume di Banfield “Familismo amorale” – si era fatto riferimento alla perifericità o marginalità rispetto ai centri dove si elaborano i valori dominanti, oggi faremmo riferimento alla Silicon Valley per le nuove tecnologie. Le popolazioni delle periferie non sono estranee all’influsso delle tendenze consumistiche e mediatiche da centri anonimi che invadono la vita quotidiana, per quanto riguarda per esempio la moda del vestire di donne e giovani ed il possesso di cellulari e simili. Anche nella baracca di un Rom troviamo spesso lo schermo TV piatto, “accattato” in qualche modo. Non sempre è presente una capacità di rielaborazione critica dei messaggi ricevuti, e la libertà di fronte ai prodotti offerti dal mercato.
Per una sintesi degli aspetti demografici e sociali delle periferie napoletane, vedi: Il quartiere di Secondigliano e le altre periferie della città di Napoli: il contesto demografico e sociale, la condizione abitativa ed il grado di istruzione per la riqualificazione urbana di Claudio Quintano, Università degli studi Napoli “Parthenope” 2008. Preferiamo richiamare l’attenzione sul “vissuto” delle popolazioni nelle condizioni periferiche di cui sono icona le donne che la mattina portano figli a scuola con lo zainetto in spalla, vanno a fare la spesa, si recano alla ASL per le visite ambulatoriali, provvedono ai servizi domestici, mentre gli uomini rimangono sullo sfondo. Come rilevava una giornalista di passaggio per Scampia: “Si vedono solo donne per strada!”. E gli anziani fanno la fila alla posta per ritirare la pensione. E’ la riproduzione biologica, sociale, culturale della vita in condizioni di svantaggio, in riferimento in particolare all’acquisizione del reddito da parte dei bredwinner.
Per quanto riguarda la coesione sociale, le forme di solidarietà collettiva, movimenti popolari, sono stati significativi quelli che hanno fatto seguito nei mesi scorsi alla morte ed ai funerali di Ciro Esposito e Davide Bifolco, per esprimere il dolore collettivo per la ferita nella carne avvertita da determinati strati popolari per la morte violenta di parenti e compagni. Espressione di solidarietà di sangue, carnali, di appartenenze gruppali e sociali, giovanili a circoli sportivi o ricreativi. Famiglie. gruppi e strati popolari senza voce, hanno alzato la voce, hanno conquistato visibilità, attenzione anche per la focalizzazione dei media su queste tragiche vicende. Richiamano l’attenzione in questi territori sull’abbandono da parte delle istituzioni pubbliche, sulla mancanza di opportunità legittime e di punti di riferimento per le giovani generazioni, sul controllo del territorio da parte di gruppi della criminalità organizzata. Ma anche sulla mancanza di rappresentanza di strati popolari, o di azione collettiva per obiettivi di vivibilità collettiva. Ci siamo interrogati se in tal modo strati popolari “hanno alzato la voce, hanno alzato la testa”, esprimendo un fuoco che cova sotto la cenere.