«Investire in cultura e formazione significa costruire un futuro autentico e concreto per un Paese. Vuole dire saper alimentare con forze nuove un sistema paese che ha bisogno di progetti di lungo periodo e in questo i giovani sono fondamentali». A parlare è il professor Gian Maria Piccinelli, Direttore del Dipartimento di Studi Politici della Sun che incontriamo alla vigilia delle giornate di accoglienza delle matricole in programma per il 20, 21 e 22 ottobre prossimo presso la sede in viale Elittico a Caserta. Al professor Piccinelli abbiamo chiesto di esprimere un suo parere su una dichiarazione fatta alcuni giorni fa dal presidente della Corte Costituzionale Giuseppe Tesauro secondo il quale «l’Italia investe poco sui giovani e, dunque, sul futuro».
Secondo lei è vero?
«Al di fuori dell’Europa ci sono Paesi come il Brasile che investono il 7 o 8 % del Pil nel sistema universitario. Mi è capitato di vedere alcune delle loro università e davvero non c’è termine di paragone neanche con i nostri migliori Atenei. È chiaro che bisogna investire di più, bisogna investire sui giovani, ma soprattutto noi dobbiamo offrire ai nostri giovani delle prospettive concrete. Non temo la fuga dei cervelli perché i giovani ormai si muovono con facilità, il mondo è ormai tanto piccolo. Dunque, devono muoversi liberamente e anche con la possibilità di poter tornare. Chiaramente un territorio che alimenta i propri giovani sarebbe anche bene che venisse alimentato da giovani che arrivano da altri paesi, interessati a formarsi su alcune specificità che si trovano in quell’università e in quel territorio rispetto ad altri. Purtroppo questo in Italia non accade, non c’è nel nostro Mezzogiorno. Oggi ed è una realtà di tutte le Università del Sud abbiamo circa il 60% di studenti che tra il triennio e la Magistrale vanno a studiare altrove e si avvicinano al mondo del lavoro sperando che in un territorio dove c’è un tasso di disoccupazione giovanile minore sia più facile trovare occupazione».
Questo che significa?
«Sicuramente che ne soffriamo moltissimo. Le nostre Università oggi non vivono soltanto dei finanziamenti statali, ma spesso e volentieri vivono anche dei contributi degli studenti che sono fondamentali. Questo crea un circolo vizioso che non aiuta sicuramente a sviluppare il percorso universitario».
L’Europa come va vista?
«L’Europa va, innanzitutto, costruita tutti insieme. Grande sfida dell’Europa è la solidarietà e questo noi proviamo ad insegnarlo ai nostri giovani per far capire che non ci si salva da soli, ma ci si salva tutti insieme. Questa solidarietà deve portare anche alla possibilità di sviluppare maggiormente all’interno dell’Europa dei collegamenti, dei legami che possono essere a livello universitario, ma devono essere collegamenti tra le società civili tra i territori, tra le regioni. Questo è fondamentale per avere un’Europa diversa che potrà essere un’Europa più equa dal punto di vista della ripartizione delle risorse economiche e dei progetti di sviluppo. Ma bisogna anche pensarla come quel contesto all’interno del quale oggi è effettivamente possibile portare progetti importanti che possono ridare slancio anche allo sviluppo dei vari territori e delle regioni. Se non sappiamo guardare all’Europa in questa direzione, credo che l’Europa è vuota per noi e per altri, ma soprattutto non avrà più senso farne parte. Mi auguro che i nostri giovani imparino a guardare all’Europa come un punto di riferimento comune, solidale e da questo punto rilanciare un domani, con le loro energie, nuovi processi».
Ci parla di queste tre giornate di accoglienza delle matricole?
«Certo! Siamo all’inizio dell’anno accademico, all’inizio dei nuovi corsi. Per noi è sempre stato importante che l’Università potesse essere un amplificatore di risonanza delle buone esperienze e delle buone prassi che su questo territorio esistono. Un modo per mettere in collegamento l’Università e il territorio, in buona sostanza. Già da diversi anni organizziamo queste giornate di accoglienza invitando alcune personalità che possono dare ai nostri studenti non delle lezioni, ma testimonianze. Quest’anno avremo una prima giornata dedicata al multiculturalismo, la seconda sarà dedicata al territorio come bene culturale , in particolare, legato al tema della cittadinanza. Infine, il terzo giorno ritornano a quello che oggi è la situazione dell’agro alimentare in Terra di Lavoro anche in vista di Expo 2015, timore che Caserta resti da parte o peggio dimenticata in questo processo».