Sono ormai lontani i tempi, in cui bastava una stretta di mano, per legarsi alle maglie, ad una societa’ e rappresentarne la passione. Si dira’ che giocatori dell’onesta’ intellettuale del compianto Scirea, del carisma paterno e silenzioso di Zoff, dell’ eleganza nel misurare le parole di Maldini e Del Piero non se ne vedranno piu’; un calcio fatto di poesia, talento e famiglia, contraddistinto da sana competizione, genuinita’ e passione pallonara, senza eccessi di divismi, come il Balotelli di turno. Come sono lontani quei tempi, se lo raffrontiamo al circo equestre di oggi; procuratori (che ormai comandano il mercato), istruiti a destabilizzare una societa’ per un rinnovo o cessione del proprio assistito, per ricavarne provvigioni altissime; giocatori che senza il minimo rispetto verso tifosi e societa’, rilasciano dichiarazioni di rottura, per il vil denaro, presidenti sempre piu’ disarcionati dai loro poteri, poiche’ fortemente condizionati dalle piazze, dai media e dagli stessi giocatori. E poi, quando tutto sembra tramontare in uno sporco gioco di business e marketing, ci sono quei giocatori (ma possiamo chiamarli uomini con la U maiuscola), che danno una ragione al tuo innamoramento per lo sport: Dries Mertens, giocatore belga e del Napoli, non sempre titolare, ma coerente e rispettoso dei ruoli, in un epoca, in cui vince chi grida o ricatta di piu’. Dries sembra il bambino di Intelligenza Artificiale, dove il bambino robot, per farsi accettare nella famiglia dei suoi sogni, e’ disposto a qualsiasi cosa, pur di dar felicita’ agli altri, e quindi darla a se stesso. Mai una parola fuori posto, in totale simbiosi e d’intenti con la citta’; di due giorni fa’ le sue dichiarazioni eroiche, che sono uno schiaffo violento a tutti quei giocatori irriconoscenti, che sbagliano nei modi e nella comunicazione, il loro modo di avanzare ingaggi al rialzo o probabili cessioni.
In conferenza stampa, a precisa domanda dei giornalisti belgi, se gli piacesse il gioco dell’Italia, lapidario commentava: “Non sono italiano, sono napoletano“, a testimoniare l’amore di un giocatore verso una citta’ che lo adora per quel suo essere “normale”, difenderla, da coloro che ultimamente la stanno rifiutando a prescindere e che non dimentica quella famosa parola: RISPETTO.