In merito a verifiche richieste sulle sepolture negli anni dei defunti di famiglie Rom nei c.d “campi nomadi” secondo le nostre conoscenze ed esperienze si deve osservare:
è noto, in primo luogo, per tradizione il culto dei defunti da parte delle popolazioni Rom, che raccoglie famiglie e conoscenti, ed accompagna il feretro nella cassa con oggetti e talora denaro che possano sovvenire nel transito all’altra sponda secondo rituali evidenziati dalla letteratura classica.
In secondo luogo, per diretta esperienza, la regola culturale è che il corpo del defunto ritorni nella sua terra d’origine per essere sepolto e onorato con rituali religiosi e culturali. Per l’osservanza di questa tradizione le famiglie si sottopongono a spese non indifferenti per il ritorno nel paese di origine. In diverse occasioni sono stati in loco effettuati rituali religiosi prima del viaggio.
In terzo luogo, quando non è possibile questo ritorno del feretro nel paese di origine, in qualche occasione abbiamo celebrato i rituali religiosi prima che il feretro venisse portato e sepolto nel cimitero di Secondigliano, dove altri defunti di famiglie Rom sono seppelliti per la vicinanza con i loro familiari nel territorio.
Al di là di verifiche richieste agli organi competenti, è da denunciare un’opera di sistematica discriminazione di carattere strumentale nei confronti dei Rom da decenni insediati sul nostro territorio. Bisognerebbe preoccuparsi dei vivi e non dei morti, per una loro inclusione responsabile secondo quanto richiesto dalle strategie europee e nazionale di inclusione e non di eliminazione forzata con sgomberi che non sono la soluzione.
SCHERZA CON I VIVI E LASCIA STARE I MORTI
Domenico Pizzuti Alex Zanotelli