Antonio Fullone, il direttore del carcere napoletano di Poggioreale che viene dalla Puglia, è approdato qui, a Napoli, dopo un tragitto che lo ha portato in giro per l’Italia, passando per Catanzaro, Lecce, Verona e infine il capoluogo campano. Oggi racconta la sua attualissima esperienza ai microfoni di Radio Club91, all’interno della cornice di Dentro I Fatti: «Non so se Napoli sia la tappa conclusiva o meno di un percorso abbastanza lungo che mi ha portato da Nord a Sud, passando anche per le isole, come la Sardegna, e che mi ha dato, pertanto, una visione totale della situazione penitenziale italiana». L’associazione Antigone in Campania sostiene che a Poggioreale si può assistere ad un vero e proprio miglioramento dal suo arrivo, a tante nuove iniziative, ma che, al contempo, sia necessario continuare a investire, a lavorarci, per poter migliorare ancora. «È chiaro che ci sia molta attesa, un’aspettativa di un’innovazione positiva, ma le cose stanno cambiando in meglio. Il numero dei detenuti, sebbene sia ancora al di sopra della soglia prevista (il carcere di Poggioreale è tra i più affollati in Europa, ndr), sta diminuendo. Poggioreale è una circondariale, quindi ospita anche persone che dovrebbero essere non ancora in condanna definitiva. L’amministrazione sta compiendo degli sforzi al fine di restituire il carcere alla sua dimensione originaria. Questo è un tema attualissimo, e il dibattito al riguardo non si è mai spento. Gli interventi degli ultimi due anni stanno cominciando a dare i loro frutti». Quando è arrivato in questa casa circondariale – domanda l’interlocutore Samuele Ciambriello, padrone di casa della trasmissione Dentro I Fatti – quali sono state le sue prime impressioni, positive e negative? «Io sono arrivato in un momento storico piuttosto particolare, insieme a uno staff di persone che sono state selezionate da altri istituti; in un momento, dunque, di rottura rispetto agli anni precedenti. La cosa che più mi ha colpito è stata sicuramente la grande umanità e professionalità che esiste all’interno di Poggioreale, un istituto che attraversava un momento di grande difficoltà. Al di là dell’organizzazione e del personale, ho riscontrato, torno a ripeterlo, una enorme attesa, e una grande voglia di cambiamento». Proprio oggi, nel giorno di questa distesa chiacchierata radiofonica, era in programma una iniziativa nel carcere di Poggioreale. «C’era un concerto natalizio che ci è stato gentilmente offerto dalla Nuova Orchestra Scarlatti, ma, più in generale, stiamo tentando di aumentare l’offerta trattamentale, ovvero tutto un insieme di attività che variano da quelle più propriamente professionali e lavorative a quelle di intrattenimento. Il carcere deve rappresentare una parentesi utile alla società, deve essere un’occasione per queste persone di passaggio che si confrontano con le istituzioni e con lo Stato. Abbiamo sbloccato otto nuovi corsi professionali, tra cui quello di cucina, che dureranno dalle 60 alle 180 ore al massimo, e che sono volti a riscoprire i mestieri e le attività di un tempo, ad esempio per formare dei muratori, aiuto-cuochi, addetti agli impianti elettrici; poi, naturalmente, è prevista anche una formazione scolastica, e cercheremo di valorizzare anche l’aspetto culturale, e pertanto di creare delle occasioni di incontro: abbiamo organizzato un dibattito intorno alla pena di morte, ospitando un ex condannato a morte statunitense, nonché altre iniziative di solidarietà come i due pranzi di Natale, e contiamo di poter investire a breve anche sul fronte delle famiglie dei nostri detenuti. Un carcere moderno deve pure tener conto di chi c’è intorno ad un condannato, se non altro perché non si può parlare di solidarietà e integrazione se prima non si fa leva proprio sugli affetti familiari». Un’ascoltatrice domanda, poi, in diretta, se non sarebbe preferibile lavorare per liberarsi della necessità del carcere. «Sicuramente sarebbe bello provare a liberarsi di una certa idea di carcere: se venisse restituito alla sua idea originaria, credo che potrebbe convivere meglio anche con la società».
È chiaro che l’obiettivo principale del nuovo direttore e dello staff di Poggioreale è quello di non lasciare i detenuti abbandonati a sé stessi, ma di lavorare a fondo per contribuire a reintegrarli nella società: di non farne, insomma, uno scarto, ma una concreta possibilità per il futuro. Incrociamo le dita.