Matilde Serao aveva il coraggio, la tenacia, la forza di imporre le proprie idee in una società governata dagli uomini. Scriveva di donne e per le donne senza mai essere, non volle mai essere, femminista. Coltivava con volontà caparbia la sua personalità duale: entusiasmi e furori, malinconie e abbandoni rivendicati con uguale passione.
Lo intuì il giovane Scarfoglio, le sfaccettature di quel carattere così speciale, spiegando in una famosa lettera non priva di spietatezza le ragioni del suo innamoramento: «Questa donna tanto convenzionale e pettegola e falsa tra la gente e tanto semplice, tanto affettuosa, tanto schietta nell’intimità, tanto vanitosa con gli altri e tanto umile meco, tanto brutta nella vita comune e tanto bella nei momenti dell’amore, tanto incorreggibile e arruffona e tanto docile agli insegnamenti, mi piace troppo, troppo….».
Donna Matilde sapeva piacere e sapeva farsi spina nel fianco del potere. Nel privato e nella vita pubblica non abbassò mai la testa. Concepiva la scrittura come un fioretto capace di incidere nel corpo vivo della società e non come sterile strumento di«descrizioncelle colorite di cronisti con intenzioni letterarie». Andava al di là delle belle forme perché voleva arrivare a trovarsi faccia a faccia con il crudo disvelamento della realtà.
Attraversò la storia di Napoli a cavallo tra fine Ottocento e inizi Novecento denunciandone senza cedimenti i mali, ma della città nata dalla sirena Partenope che l’aveva accolta bambina seppe raccontare anche la leggerezza, i cambiamenti del costume, i fuochi d’artificio della cultura.
Ad un talento così multiforme, così incontenibile, si ispira il riconoscimento letterario che porta il suo nome.
Il Premio Serao, promosso e organizzato da «Il Mattino» per rendere omaggio alla sua cofondatrice, è dedicato a quelle scrittrici che uniscono al piacere della narrazione il rigore del reportage, in un mix di linguaggi capace di restituire a tutto tondo la complessità di uno sguardo sul mondo.