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Presentato in Senato il Rapporto Annuale di Associazione 21 luglio e per la prima volta resa pubblica la mappatura degli insediamenti rom In Italia: «Nel nostro Paese, a fronte di 28.000 rom in emergenza abitativa, malgrado gli impegni assunti si persevera nella “politica dei campi”».

Come rimarcato da vari enti di monitoraggio internazionale l’Italia anche nel 2016 ha perseverato con la “politica dei campi” e l’attuazione della Strategia Nazionale d’Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti ha continuato a soffrire di pesanti ritardi non traducendosi in un concreto miglioramento delle condizioni di vita delle comunità rom e sinte residenti nel nostro Paese. È questo il risultato emerso dalle ricerche e dal lavoro di monitoraggio effettuato da Associazione 21 luglio per l’elaborazione del nuovo Rapporto Annuale sulla condizione di rom e sinti in emergenza abitativa in Italia, presentato oggi in Senato in occasione della Giornata Internazionale dei Rom e dei Sinti che ricorre l’8 aprile di ogni anno.

Non esistono dati certi sulla composizione etnica della popolazione rom e i numeri sulle presenze complessive in Italia corrispondono prevalentemente a stime che si attengono all’interno di una forbice molto ampia compresa tra le 120.000 e le 180.000 unità. Secondo la mappatura resa pubblica per la prima volta da Associazione 21 luglio sono 28.000 i rom in emergenza abitativa in Italia – circa lo 0,05% della popolazione italiana – distribuiti tra baraccopoli istituzionali, centri di raccolta per soli rom e insediamenti informali.

Le baraccopoli istituzionali, insediamenti monoetnici totalmente gestiti dalle autorità pubbliche, sono 149 in totale e si distribuiscono su 88 comuni dal Nord al Sud del Paese. Ben 18.000 sono le persone di origine rom che vivono in questi insediamenti, tra questi, il 55% ha meno di 18 anni, il 37% possiede la cittadinanza italiana mentre sono 3000 i rom provenienti dall’ex Jugoslavia che si stima siano a rischio apolidia, tra essi la metà sono minori. Negli insediamenti informali è stata calcolata la presenza di circa 10.000 unità – per il 90% di nazionalità rumena – mentre i centri di raccolta per soli rom attualmente attivi sono 3, due al Nord e uno al Sud. Le condizioni di vita dei rom che vivono in questi insediamenti sono nettamente al di sotto degli standard igienico-sanitari e l’aspettativa di vita tra queste persone è di 10 anni inferiore rispetto alla media della popolazione italiana. Negli insediamenti informali e nei micro insediamenti il 92% dei residenti sono di cittadinanza rumena. Nel 2016 i principali insediamenti informali sono stati registrati in Campania mentre la città di Roma vanta il più altro numero di insediamenti gestiti e realizzati dalle istituzioni.

La questione dell’alloggio è l’ambito della Strategia che ha registrato i risultati più scarsi e nel corso del 2016 tre enti internazionali di monitoraggio dei diritti umani hanno diffuso le loro raccomandazioni sull’Italia: il Comitato consultivo della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (ACFCNM), la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) e il Comitato sull’eliminazione della discriminazione razziale delle Nazioni Unite (CERD).

Nonostante la preoccupazione espressa dagli organi internazionali nulla è cambiato e in Italia continuano ad essere perpetrate politiche discriminatorie nei confronti delle popolazioni rom e sinte soprattutto in materia alloggiativa. Proprio oggi a Napoli, in via del Riposo, è stato aperto un nuovo “campo” monoetnico destinato all’accoglienza di 27 famiglie di origine rom provenienti dallo sgombero di Gianturco. Tale soluzione abitativa si presenta come discriminatoria, nettamente al di sotto degli standard internazionali e ha richiesto la spesa di una cifra superiore al mezzo milione di euro.

Nel 2016 si è inoltre concretizzato il rischio che il “superamento dei campi” intraprendesse derive lesive dei diritti umani tramutandosi di fatto in sgomberi forzati: è accaduto a Milano con l’insediamento di via Idro, a Roma con la chiusura dei centri di raccolta rom di via Salaria e Via Amarilli e a Giugliano con gli abitanti dell’insediamento informale di Masseria del Pozzo.
Secondo il costante monitoraggio effettuato da Associazione 21 luglio, escludendo Roma e Milano sono stati 250 gli sgomberi forzati nel corso dell’anno passato, tutti numeri a cifra tonda: 100 al Nord, 90 al Centro e 60 al Sud.

Riguardo gli episodi di antiziganismo e discriminazione, i dati e le ricerche dell’Osservatorio nazionale 21 luglio riportano l’immagine di un’Italia ancora fortemente permeata da stereotipi e pregiudizi, il più delle volte motivati da una scarsa conoscenza delle comunità rom e sinte e da un generale clima di ostilità.
Nel corso del 2016 sono stati infatti registrati 175 episodi di discorsi d’odio nei confronti di rom e sinti – corrispondenti a una media giornaliera di 0,48 – di cui 57 (pari al 32,6%) di una certa gravità. Dato incoraggiante è però il netto calo rispetto all’anno precedente, il 2015, durante il quale ne erano stati riportati ben 265. Gli esponenti politici che hanno fatto del discorso d’odio il proprio tratto distintivo sono stati soprattutto esponenti del centro destra e della Lega Nord cui si attribuiscono il 28,6% degli episodi monitorati.

Il Rapporto Annuale 2016 dedica un focus alla città di Roma, che mantiene il primato per il maggior numero di baraccopoli istituzionali in Italia con 7 insediamenti abitati da 3.772 rom e sinti in emergenza abitativa, cui vanno aggiunti 11 “campi” definiti “tollerati” dalle istituzioni locali. Un numero stimato tra le 2.200 e le 2.500 unità è presente negli insediamenti informali della città. Drammatica risulta essere la condizione di vita dei circa 2.000 minori presenti nelle aree per soli rom presenti nella Capitale.

«Il 2016 è stato l’anno dell’attesa di un profondo cambiamento, che l’insediarsi di nuove Amministrazioni locali nelle principali città italiane aveva suscitato – ha dichiarato Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio – attesa che è presto svanita a fronte di politiche rivolte alle comunità rom e sinte che non hanno evidenziato elementi di discontinuità rispetto al passato. Gli esiti dei monitoraggi svolti da autorevoli organismi internazionali nel 2016 consentono di affermare che, nel panorama europeo, l’Italia continua a confermarsi, per un cittadino di etnia rom che viva in condizione di povertà e fragilità sociale, il peggior Paese in cui decidere di abitare. Il suo destino, infatti, non potrà essere che quello di finire in una baraccopoli o, peggio ancora, in quegli spazi di discriminazione istituzionale che le autorità capitoline hanno sfacciatamente il coraggio di chiamare “villaggi della solidarietà”».

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