Il direttore del carcere di Poggioreale, Berdini: «Il carcere deve essere una misura residuale».
«Il carcere deve essere integrativo, deve essere rete e questo libro ci consegna un’idea del sistema carcerario che deve diventare comune e non più un’idea carcerocentrica»: è con questa riflessione che Fra’ Giuseppe Pulvirenti, cappellano del carcere di Poggioreale, ha introdotto il libro “Carcere”, del professore Samuele Ciambriello ed edito da Roggiosi, presentato stamattina all’Officina delle Culture Gelsomina Verde a Scampia.
Una mattinata di esperienze e considerazioni sul sistema penitenziario italiano e campano, organizzata da Ciro Corona, presidente associazione “Resistenza”.
Il direttore del carcere di Napoli Poggioreale, Carlo Berdini, non pensa che «si possa fare a meno del carcere, nel senso che per tutta una serie di reati e di particolari situazioni che mirano la sicurezza sociale, il carcere è necessario, ma fatta questa premessa bisogna capire in che misura sia necessario e come questo debba essere. Ritengo che il carcere debba essere considerata una misura residuale. Il carcere deve far sì che le persone non escano peggiori e il miglioramento dei detenuti deve passare necessariamente dal lavoro, dalla cultura, da tutto ciò che prevede l’ordinamento penitenziario».
La questione del lavoro per i detenuti resta un tema caldo. Pietro Ioia, Garante della città metropolitana di Napoli, nel suo intervento, ribadisce l’importanza del lavoro per chi vive la privazione della libertà personale e, sul luogo che li ospita, commenta: «luoghi come questi li reputo baluardi di libertà, tanto che quando vengo qui mi sento come a casa mia».
Per Enzo Vanacore, rappresentante della cooperativa L’uomo e il legno: «il carcere si dovrebbe reggere su tre pilastri: diritti, lavoro e inclusione territoriale. Cercare di creare queste tre cose è complicato; non sono tre pilastri separati l’uno dall’altro, ma vanno perseguiti ed è un lavoro lento e difficile».
Tema assai difficile è quello del reinserimento sociale. Adriana Sorrentino, referente Uepe Campania, spiega come «il discorso sull’inserimento territoriale dei nostri ragazzi è il motivo per il quale spesso sono in giro per il mondo per progettare interventi che si possono fare in favore di questi ragazzi».
A concludere è stato il Garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello: «dobbiamo tutti noi creare ponti per cambiare la concezione carcerocentrica. È necessario che prima di tutto si crei una coscienza civica. Ciò che dobbiamo costruire è un rapporto diverso anche con il carcere e non continuare a pensare che sia una risposta certa e immediata, che ci è dovuta per la sicurezza sociale. Carcere è l’anagramma di cercare. Cercare per ricostruire. Siamo qui a Scampia con diverse associazioni, cooperative e detenuti in affidamento in prova. Il Terzo settore è una “zattera” che può remare controcorrente nel mare dell’indifferenza e della repressione».