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QUANDO ESSERE CRISTIANI È UN PERICOLO PER LA VITA

Ebrei, musulmani, indù, animisti, monoteisti e politeisti, nessuno scampa al ciclone delle persecuzioni religiose. Neanche i cristiani. Quelli che, dopo un inizio non proprio facile, sono diventati la fazione più forte, infliggendo pene e torture ai seguaci di una fede diversa, oggi sono tornati ad essere uno dei bersagli prediletti dell’odio travestito da credo religioso. Dal Medio Oriente all’Africa sub-sahariana, passando per l’India, il Pakistan, la Corea del Nord, come pure Cuba e il Messico nell’America Latina, i cristiani di ogni dove hanno assunto ormai il triste ruolo di vittime nelle persecuzioni di cui leggiamo ogni giorno sui giornali, ma anche di quelle che, sempre più numerose, passano in sordina e restano nell’ombra.

È successo all’Università di Garissa in Kenya non molti mesi fa, dove i terroristi del gruppo al-Shabaab hanno brutalmente fatto fuori quasi 150 individui, tutti cristiani, e molti di questi studenti, lasciando andare invece i musulmani presenti nell’edificio. Non molto lontano da lì, un anno prima, furono i fondamentalisti di Boko Haram ad attaccare una scuola di Chibok, una piccola comunità in Nigeria abitata prevalentemente da cristiani: sequestrarono quasi 300 ragazze, costrette ad abbandonare la propria fede per abbracciarne un’altra, e chissà a quali indicibili abusi corporali. Proprio la Nigeria (specialmente il nord-est) è dal almeno cinque anni il teatro di una guerra combattuta dai seguaci dell’islam contro i loro connazionali, nel tentativo di costruire un nuovo stato islamico che annienti ogni libertà di culto, ogni libertà di pensiero e ogni libera forma di espressione. Non c’è spazio neanche per i musulmani moderati, come dimostra la strage perpetrata nel febbraio dello scorso anno nel villaggio di Konduga: o sei con loro, o sei contro di loro.

Non è dubbio che sia stato proprio il fondamentalismo islamico a determinare un incremento delle violenze sui cristiani negli ultimi anni, che si tratti dei militanti di Boko Haram o del famigerato Isis, mettendoci di fronte ad una terribile pulizia religiosa e contribuendo massicciamente al fenomeno emigratorio di cui noi, in Italia, sappiamo qualcosa. Ma non è soltanto di islamismo che si tratta: in Corea del Nord, per esempio, essere cristiani significa essere una minaccia all’autorità dello Stato. Si contano tra 50.000 e 70.000 cristiani deportati in campi di prigionia dove vengono torturati e giustiziati. Persino incontrarsi in privato è un reato passibile di arresto.

Tra i Paesi in cui la comunità cristiana è maggiormente in pericolo si annoverano anche la Siria, l’Iraq, la Libia, la Repubblica Centrafricana, il Sudan, il Pakistan, l’Egitto, il Kenya e, con grande sorpresa, anche il Messico. Stupisce la sua presenza perché stiamo parlando di una nazione quasi interamente cristiana a maggioranza cattolica, eppure c’è una non trascurabile fetta della popolazione che muore anche per motivi religiosi. Si tratta dei preti cattolici finiti nel mirino della criminalità organizzata, per la quale il clero locale costituisce una serie minaccia in virtù della sua influenza e in quanto pur sempre simbolo di un’istituzione. Anche le altre minoranze religiose del Paese sono sistematicamente oggetto di soprusi e violenze che vanno dalla privazione del diritto di voto allo sfratto forzato, all’obbligo di non seppellire i propri cari nel cimitero pubblico, mentre il governo resta stancamente a guardare, vuoi per ragioni legate alla corruzione, vuoi per incapacità di reagire di fronte a un sistema molto più diffuso e organizzato.

Ogni singolo caso, che sia il Messico, la Nigeria o la Corea del Nord, mostra in realtà che, sebbene le vittime siano unite nel nome di una comune professione di fede, l’intolleranza va ben al di là della semplice cristianità. Si viene uccisi per ragioni diverse, riconducibili ad una stessa religione, ma non è quella religione la causa. Se il Messico fosse a maggioranza ebreo, i rabbini verrebbero decimati lo stesso. Se in Nigeria ci fossero villaggi interamente buddisti, verrebbero messi anche quelli a ferro e fuoco. È una questione di intolleranza e discriminazione che nasce dalla convinzione che chi è diverso non ha il nostro stesso diritto di vivere, che chi minaccia le basi del nostro potere va messo a tacere in ogni modo, che chi non ubbidisce e non si sottomette deve essere punito. In tutto il mondo, la persecuzione dei cristiani è una violazione dei diritti umani, di ogni sacrosanta libertà di opinione, di religione e di scelta.

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