Quando si parla di caponata, si parla di Sicilia. Oggi miei cari lettori vi racconto la storia di una ricetta che è riuscita a varcare i confini di un’isola, conquistando l’Italia e il resto del mondo. Si tratta di un piatto di verdure in agrodolce, un insieme di ortaggi fritti, quasi sempre melanzane, condite con sugo di pomodoro, sedano, cipolla, olive, capperi e una salsa di zucchero e aceto. Pronti a scoprire le origini di questa specialità mediterranea?
Non c’è calendario, non esiste una data, solo la notte dei tempi. Dove si perde felicemente, contro ogni tentativo di classificazione, l’origine della caponata. Sfuggente, irrequieta come la rete di vulcani femmine che innerva la Sicilia, imprendibile anche dai più fini studiosi della gastronomia italiana, volitiva rappresentante di una intera cucina regionale e di suo già mutevole nella preparazione, la caponata siciliana non può essere inquadrata. Già la sua natura e destinazione sono mutevoli: un antipasto? Un contorno? Il condimento di una pasta? Un dolce, volendo? Va bene tutto.
Per non parlare degli ingredienti, legati al ciclo delle stagioni e alla variabilità testarda della natura, tanto da spingere la caponata a fregiarsi della specificazione “di verdure” quando non è il momento delle melanzane. Buona sempre, certo: quell’intingolo agrodolce di zucchero, aceto, pomodoro concentrato, cipolla e frutta secca è pensato per sciogliere la lingua e le papille gustative, allentare i freni inibitori della gola e della lussuria a tavola. La guardi, la annusi, e hai già un pezzo di pane in mano per dedicarti alla scarpetta, affondando le dita nella soda resistenza rosso scuro. Chi non si sporca le mani mangiando la caponata contravviene al senso supremo della goduria alimentare.
Quella della caponata è una storia tutta siciliana, tra profumi, ingredienti e tradizioni diverse da città a città, da famiglia in famiglia. Sono almeno 35 le varianti conosciute, a cui si aggiungono le interpretazioni napoletane con il pesce, oltre a quelle francesi (la famosa Ratatouille) e greche.
L’origine della ricetta e l’etimologia stessa della parola resta ancora oggi un mistero. Per alcuni il termine caponata deriverebbe da “capone”, termine dialettale per indicare la lampuga, un pesce che abbondava sulle tavole degli aristocratici, servito con la salsa in agrodolce tipica della caponata. La gente del popolo, non potendo permettersi un cibo così costoso, lo avrebbe sostituito con le melanzane, sicuramente più a buon mercato.
Gli ingredienti venivano scelti e accoppiati secondo i ritmi della natura e delle stagioni, con verdure provenienti dal proprio orto o da quello del vicino. Non troverete mai quindi una versione ufficiale della caponata, perché proprio come dice il detto: “Paese che vai, usanza che trovi”. Girando per l’isola potrete scoprire il vostro gusto preferito!