Terza fumata nera intorno alle 19.00 di ieri per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Come da pronostico nelle prime due giornate di voto non è stato possibile eleggere il presidente della Repubblica. Se tutto dovesse andare come il Premier spera, grazie alla maggioranza assoluta, la quarta votazione prevista per le 9.30 di questa mattina potrebbe già essere l’ultima e al Quirinale dovrebbe salire Sergio Mattarella. Ma tutto potrebbe ancora accadere.
La giornata di ieri è stata segnata da fibrillazioni un po’ in tutti gli schieramenti e gruppi parlamentari. Il fermento attorno al Partito Democratico e alla candidatura di Mattarella moltiplica gli scenari possibili, ognuno dei quali potrebbe avere un diverso riflesso sullo stesso PD. L’applauso dell’assemblea dei grandi elettori democratici di giovedì scorso infatti non rasserena quanti ricordano ancora il sonoro ceffone rifilato nel 2013 dai 101 a Prodi, e a Bersani che lo aveva candidato, così come – al di là dell’entusiasmo di alcune frange del partito con in testa Rosy Bindi – è chiaro che il nome di Mattarella non manda in visibilio la componente post comunista del PD che aveva altre più o meno taciute aspirazioni.
Questo in casa democratica. Tuttavia la decisione di Renzi di proporre una candidatura in grado di compattare il centrosinistra, ha creato scompiglio soprattutto in quella parte del centrodestra, Ncd e Forza Italia, che finora ha fatto da stampella al Premier fornendogli la maggioranza di governo e quella per le riforme. L’aut aut di Renzi su Mattarella ha messo in difficoltà istituzionale, prima ancora che politica, Angelino Alfano che dovrà sciogliere la riserva su se lo voterà o meno, posto che sarebbe la prima volta che un ministro dell’Interno non prende parte alla votazioni per il Capo dello Stato. Ma ha messo in difficoltà anche il resto del partito e gli altri centristi del governo, alcuni dei quali non convinti dall’idea di ributtarsi tra le braccia di Berlusconi e tentati invece da quella di votare Mattarella, che resta pur sempre un cattolico democratico e un siciliano (aspetto non indifferente a molti conterranei nel partito di Alfano), continuando così ad agitare ai tavoli la fedeltà al progetto delle larghe intese. Dentro Forza Italia è tanta la delusione dei falchi da sempre scettici rispetto al Patto del Nazareno, i quali hanno già crocifisso Denis Verdini. Lo stesso Berlusconi attraverso i suoi fedelissimi fa sapere che la scelta non condivisa di Mattarella potrebbe stravolgere il quadro e mettere a rischio persino l’approvazione dell’Italicum 2.0. Non digerito all’interno di Forza Italia il metodo utilizzato da Renzi, ma i dubbi su Mattarella vengono anche dal passato del giudice della Corte Costituzionale che da ministro del Governo Andreotti nel 1990 si dimise in dissenso rispetto all’approvazione della Legge Mammì e per questo da allora considerato uno dei più acerrimi nemici dell’universo Mediaset. Mentre scriviamo insomma non c’è nulla di certo, nulla di pienamente ipotizzabile e non si esclude che alla fine l’elezione possa avvenire con numeri molto più ampi di quelli inizialmente immaginati. Anche i trasfughi del Movimento 5 Stelle infatti non hanno ancora dichiarato apertamente se sosterranno o meno il candidato del Premier, così come gli stessi grillini hanno lasciato aperto uno spiraglio. Non resta quindi che aspettare.
Se tutto andasse come Renzi segretamente spera, tuttavia, oggi l’Italia avrà un nuovo presidente della Repubblica con un passato familiare e personale fatto di lotta per la legalità e i valori cristiani, un Partito Democratico un po’ più compatto e riconoscente nei confronti del Premier, un’ala sinistra del Parlamento più serena di fronte alla garanzia di un Capo dello Stato certamente non berlusconiano e profondo conoscitore della materia costituzionale, un centrodestra più tormentato e a rischio implosione, a partire da Ncd e Forza Italia.