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QUO VADO, UN INNO ALLO “STATE SERENI”, UNA PARODIA “ANTI FANNULLONI” ALLA BRUNETTA

 

L’ho visto. In streaming (poi gli faccio il bonifico dei 7/8 euro) ma l’ho visto.

Premessa: i suoi film precedenti mi avevano indotto a qualche risata genuina, “campagnola”, alla buona… Le stesse che da piccolo mi procuravano Oliver Hardy e Stan Laurel. O Buster Keaton. La sua comicità l’ho sempre trovata pungente ma non “intelligente”. Una comicità fine a se stessa, dice durante ma non dice il finale. Un comico, punto. Più attrezzato e attuale degli altri, ma pur sempre un comico e punto. Benigni (fino all’apparizione della Madonna dell’Oscar e della Madonna Renziana poi) era cento volte superiore, bisogna riconoscerlo. Non credo che Checco Zalone vincerà mai un Oscar, neanche se glielo pagano gli americani, come nel caso del Roberto toscano… Nemmeno per la colonna sonora, agreste alla Celentano, incasinata alla Celentano, qualunquista e solo apparentemente impegnata. Alla Celentano…
Bene, cosa ne penso?
Riso poco (qualche battutina alla Banfi…), distrattomi tanto (quando un film proprio non ti attizza) e soprattutto alla fine avrei cambiato il “The End” con un “Job Act”.
Un inno allo “state sereni”, una parodia “anti fannulloni” alla Brunetta.
La politica del Ministro del lavoro trasferita su pellicola.
Ricordate la corazzata Potemkin fantozziana?
Ecco.

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