Ho visto l’intervista di Barbara D’Urso a Ylenia, la ragazza 22enne che difende il suo ex dall’accusa di averle versato addosso benzina e dato fuoco. Ho letto status, commenti, le dichiarazioni in merito. Ho avuto molta vergogna. Per tre fatti, principalmente:
1) Ylenia ha 22 anni. Cosa ci si aspetta da una ragazza di 22 anni? Perché dovrebbe avere la prontezza, la capacità, la forza di rispondere ora o mai più con la sua storia ad un tema così grosso e importante, basilare, secolare e pieno di risvolti come la violenza sulle donne?
2) Perché cazzo la si intervista con quel tono da “stupida ragazzina, ora ti insegno la vita”? Perché il sottotesto pare sia “se l’é cercata”, quasi paragonando l’assenza di un certo tipo di coscienza di sé ad un vestitino troppo corto?
3) E la sua famiglia, senza entrare nel merito: quanto tempo è tolto a chi dovrebbe starle accanto muto – e sottolineo muto – lasciando che sia lei a maturare i suoi lividi e riconoscerli, da domande pubbliche che ora sembrano importantissime e domani saranno dimenticate e rimpiazzate da un nuovo “caso”?
Davvero, ma davvero, perché è una vittima a dover spiegare, dire, fare, ergersi dallo stato in cui si trova a quello di consapevole, mite combattente? Che retaggio è? La gamma ristrettissima di possibilità lasciate ad una giovane donna oscilla ancora tra “brava ragazza cosciente di sé e del suo ruolo (che sia quello di una coscienza femminile importante, mi raccomando)” e “stupidina messa male ma davvero”. Ricordiamoci, ogni tanto, che l’aiuto alle donne tanto sbandierato è accoglienza per cui non ci si aspetta un grazie. É speranza che possa servire senza star lì a controllare quanto quasi come se si trattasse di una febbre che prima o poi passa. É silenzio, perché si possa ascoltare. É, prima di tutto, sospensione del giudizio. E lo si deve, se si vuole che le cose cambino.
La verità è che non c’è un protocollo che porti Ylenia ad essere protetta, seguita e difesa, in questi primi giorni e ancora. E a “sbatti il mostro in prima pagina” abbiamo aggiunto “porta la vittima in diretta”
RAFFAELLA R. FERRE’