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Rachel Weisz:” Voglio vivere in Italia, tra Roma e Napoli”

Mio padre George nacque a Budapest nel 1929. Si trasferì in Inghilterra quando aveva dieci anni. Per la maggior parte della mia vita l’ho conosciuto come un emigrato ungherese a Londra, una persona forte, intensa. Era un uomo molto intelligente, piuttosto pensieroso, appassionato ma anche polemico.

Gli era difficile non essere irrequieto o ansioso.

Ogni anno andavamo in vacanza in Italia. Qualche volta scambiavamo casa, la nostra villetta con giardino in Hampstead Garden Suburb in cambio di un appartamento (sembrava un palazzo) su un canale a Venezia. L’accordo pareva sempre piuttosto ingiusto per la famiglia italiana. Quello che ottenevano era solo un posto noioso a Londra. Altre volte andavamo a Pietrasanta, a Paestum, a Cortina d’Ampezzo. Là, per due settimane, ogni estate, potevo vedere mio padre raggiungere il culmine della sua felicità, parlare in italiano, era piuttosto bravo con la lingua (lo era in quattro lingue diverse) e poteva cavarsela molto bene.

Si lasciava un po’ andare.

Da giovane, finita la guerra, negli anni Quaranta, mi raccontò che aveva fatto l’autostop, zaino in spalla, in giro per l’Italia con sua sorella maggiore. Una volta, si erano seduti in mezzo alla campagna nei dintorni di Firenze. «Un giorno», le aveva detto, «vivrò là, sulle colline».

Quando aveva 70 anni, trovò una fattoria medievale in cima a una collina molto ripida in un piccolo borgo non lontano da Lucca.

Fu come se avessi un padre completamente nuovo.

«Diventò» italiano.

La gente lo chiamava Georgino. Aveva un po’ di ulivi e un piccolo filare di viti, produceva olio d’oliva e qualche cassa di vino rosso Casa San Georgio.

Era un uomo diverso. Come se avesse aspettato la cultura e la lingua italiana per essere se stesso fino in fondo, per esprimersi. Come se avesse trovato il suo linguaggio. Era gentile, divertente, sensibile e, soprattutto, contento.

Non voglio idealizzare un’intera nazione, ma davvero ho la sensazione che gli italiani sappiano qualcosa sull’essere vivi, un certo senso dell’umorismo, mescolato a un’umanità appassionata, che molte altre culture hanno dimenticato o non hanno mai imparato.

Voglio andare a vivere a Roma o forse a Napoli, quando mio figlio avrà finito le superiori. Questo è il mio sogno, trovare la mia identità italiana.

Concludo vantandomi: sono italiana per un quarto, la madre di mia madre era nata a Venezia. Si chiamava Anna Bassi.

VanityFair.it

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