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Economia e Welfare

Radicali nel carcere di Arienzo: burocrazia e mancanza di fondi non fermano l’impegno della direttrice

Lo scorso 22 dicembre un gruppo di militanti dei Radicali per il Mezzogiorno europeo si è recato in visita presso il carcere casertano di Arienzo. Pur essendo una casa circondariale, Arienzo ospita in prevalenza detenuti condannati in via definitiva, tutti di media sicurezza (i cosiddetti “comuni”). La capienza del penitenziario è di 100 ristretti e al momento della visita i detenuti erano 88 di cui sette stranieri. Gli educatori sono appena due, tra cui una psicoterapeuta in servizio per soltanto 26 ore al mese. Dal carcere è pressochè unanime (dal direttore agli stessi operatori) la richiesta affinché aumentino gli educatori e in generale sia rimpolpato un personale ritenuto ad oggi scarno. Il numero di agenti della polizia penitenziaria ad Arienzo è di 60 unità a fronte di una pianta organica di 50. Tuttavia la struttura chiede da anni la revisione della pianta organica in quanto questa comprende anche gli agenti impegnati nei trasferimenti. Il direttore, Mariarosaria Casaburo che ha accompagnato la delegazione radicale in visita, ha affermato che ad Arienzo si mette al centro la persona umana e che il carcere deve servire per reintegrare in società i detenuti.
Le celle sono tutte da due persone con bagno in camera. Celle che sono risultate pulite con intonaci integri e nessuna traccia di umidità o muffa. Alcuni detenuti hanno raccontato ai Radicali di essere soddisfatti del funzionamento della scuola. La struttura offre scuola elementare, scuola media e una preparazione di base fino al quinto anno delle superiori. Sono altresì attivi corsi di giornalismo, scrittura, giocoleria, lettura, edilizia, ristrutturazione e arte della pizza. Il regime delle celle aperte è in vigore dalle nove alle 18 con l’eccezione delle celle chiuse un’ora durante i pasti. La direttrice, responsabile anche del carcere di Vallo della Lucania, ha spiegato che sei anni fa al momento del suo insediamento, trovò un regime molto chiuso e di stampo punitivo nel carcere di Arienzo. Per superare tale impostazione, ha aggiunto, sono serviti anni di lavoro anche con la collaborazione della polizia penitenziaria. Ovviamente gli agenti sono sempre “armati” di chiavi e di taccuino per i rapporti ma, secondo la dottoressa Casaburo, instaurando un rapporto di fiducia coi detenuti è possibile migliorare la vita dei ristretti, il lavoro degli agenti e in generale il clima nel carcere. Clima che alla delegazione radicale è apparso effettivamente tranquillo.
I detenuti stessi hanno confermato di essere in ottimi rapporti con gli agenti e nessuno ha memoria di episodi di violenza o prevaricazione. Anche i detenuti stranieri hanno ribadito tale stato di cose, non si sentono discriminati e risultano perfettamente integrati con gli italiani. Il carcere di Arienzo si è inoltre dotato di un nuovissimo appartamento dove un tempo c’era una caserma della polizia penitenziaria. Questo è riservato ai detenuti in articolo 21 (lavoro esterno) e può ospitare sei persone per altrettanti posti letto. Tuttavia al momento è presente un solo detenuto in quanto per accedere al lavoro esterno occorrono specifici requisiti e numerosi permessi che compongono un lungo iter burocratico. A tal proposito la direttrice ha sottolineato la scarsa presenza dell’Uepe (ufficio esecuzione penitenziaria) circostanza che comporta tempi lunghissimi per ottenere le relazioni di sintesi che permettono ai detenuti di lavorare all’esterno. Il carcere, nel frattempo, ha già stilato due protocolli d’intesa per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità con il comune di Arienzo e con quello di Cancello. La direttrice ha inoltre precisato che la trasformazione della caserma in appartamento è avvenuta proprio avvalendosi del lavoro dei detenuti, pagati in qualità di operai, imbianchini e per altre mansioni.
Il carcere di Arienzo è costituito da due piani, ciascuno dei quali dotato di stanze adibite alla socialità oltre a una piccola stanza con qualche attrezzo da palestra. Palestra poco attrezzata a causa della mancanza di fondi per l’acquisto di nuovi macchinari. Alla delegazione radicale non è sfuggita la mancanza di spazi verdi nel carcere e anche i passeggi avvengono in luoghi totalmente cementificati. La struttura è d’altronde piccola. Una lamentela pressoché unanime dei detenuti riguarda qualcosa che all’esterno può apparire futile ma che in carcere riveste grande importanza contro la routine di giornate spesso monotone: i televisori posti nelle celle sono risalenti agli anni 90 e i canali a disposizione sono pochissimi. Altra richiesta in tema di elettrodomestici, oltre a tv nuove, riguarda la possibilità finora negata di avere in cella dei piccoli frigoriferi. Al momento vi sono due congelatori, uno per piano, dove però è difficile conservare tutti i cibi provenienti dai familiari dei detenuti, specialmente durante i periodi di festa e in estate. Sia per le tv che per i frigoriferi, servono risorse che il Ministero della Giustizia al momento non sembra voler erogare. Il carcere di Arienzo ha creato alcune vere e proprie tradizioni: ogni anno, in occasione della festa del papà o di San Valentino, sono creati spazi e occasioni d’incontro fra i ristretti e i loro cari con in più momenti di intrattenimento grazie a cantanti invitati dalla direttrice e pranzi speciali. Un anziano detenuto ha rivolto un appello direttamente alla delegazione radicale, affinché in carcere arrivino grandi romanzi classici francesi come ad esempio le opere di Balzac.
La direttrice ha affermato che il problema principale con cui fare i conti nella gestione di un carcere italiano è la mancanza di prospettiva. Molti detenuti tornano a delinquere una volta fuori, in quanto non sanno altrimenti come mantenere la propria famiglia. La mancanza di lavoro è un dramma e lo è ancora di più per chi ha la fedina penale sporca. La direttrice ha inoltre ricordato la frase pronunciata qualche anno fa da un giovane detenuto: “Direttrice io non ho scelta, il cinque esco e il sei vado a rubare”. Un carcere umano, secondo la direttrice Casaburo, è un carcere che dà un futuro ed è necessario – ha aggiunto – far capire alla società civile ma soprattutto alla classe politica il valore estremo delle misure alternative. Misure che permetterebbero a chi è privato della libertà di non perdere legami col territorio col fine anche di non uscire dal circuito lavorativo. “In carcere si perde il senso del mondo”, ha aggiunto la direttrice “e noi direttori purtroppo molto spesso ci sentiamo impotenti poiché deteniamo solo una fetta dell’esecuzione penale. In verità chi detiene le redini dell’esecuzione sono i magistrati di sorveglianza dai quali dipende qualsiasi tipo di permesso e le cui decisioni risultano talvolta arbitrarie”.
In conclusione, la visita della delegazione radicale ha portato alla luce un carcere dalle tante impressioni positive gestito da una direttrice dalla mentalità illuminata che molto bene sta operando per rendere il carcere di Arienzo sempre più efficiente e volto alla piena rieducazione dei detenuti.
Fabrizio Ferrante

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