Il prossimo 12 dicembre ci sarà lo sciopero generale, indetto dai sindacati CGIL, UIL e UGL, che convoglierà i lavoratori italiani in una manifestazione, che si oppone alle politiche in materia di lavoro del Governo Renzi. In un periodo di crisi, come quello attuale, a crescere è la disperazione delle persone. Persone che vedono un posto di lavoro, diventare sempre più un’utopia, le pensioni che calano a dismisura e le tasse sempre più alte. La disoccupazione è diventata la “peste” di questo secolo, soprattutto quella giovanile, che sta tocca, ormai massimi storici. E il Sud, nonostante siamo dinanzi a un declino su scala nazionale, paga lo scotto più duro di questa crisi. Ne abbiamo parlato con Anna Rea, Segretario Generale UIL Campania.
Il 12 dicembre è previsto lo sciopero generale, indetto da CGIL, UIL e UGL, quali sono i motivi per cui scioperate?
«Scioperiamo per il lavoro, per i diritti e per difendere la dignità dei lavoratori e soprattutto di chi un lavoro non ce l’ha. La Campania ha dieci ragioni in più per scioperare. Siamo un Paese che non cresce da anni, anzi i dieci mesi di Renzi hanno portato all’aumento del debito pubblico, dati che ci hanno portato a essere l’ultimo paese dell’OCSE. Siamo anche l’ultimo paese per reddito pro capite per capacità di consumo. Le dichiarazioni che fa Renzi vanno in una direzione interessante, come la riduzione del numero dei parlamentari, dei consiglieri, provvedimenti su cui la UIL si è molto battuta, fino ad ora, però le proposte sono titoli, che creano solo confusione. Renzi sembra essere molto peggio di Berlusconi, io sono una che l’ha votato alle primarie, lui vede i sindacati come il capro espiatorio dei problemi di questo paese, quando invece non ha toccato tutta la casta che lo compone, penso ai magistrati, ai professionisti. Ci sono tutte le ragioni per scioperare, non so se con lo sciopero si risolverà il problema. Va detto che questo sciopero costerà molto ai lavoratori, questo è un segnale che merita rispetto, anche dai tanti parlamentari, che sul territorio sono assenti. L’invito lo facciamo a tutti i parlamentari campani”pensate meno alla vostra poltrona, che vi è stata garantita, immaginate i disagi della gente del vostro territorio”. Rendiamoci conto che serve una scossa per questo Paese, ma una scossa di fatti reali».
Parlando del Jobs Act, cosa non convince, voi del sindacato, di questo provvedimento?
«Il problema vero che hanno le imprese attuali e i nuovi investitori è che non c’è certezza dell’ordinamento giuridico, che ci sarà, rispetto ai rapporti di lavoro. In secondo luogo c’è una mancanza d’incontro tra domanda e offerta, questo lo si può creare solo se investi nei centri per l’impiego e sulla formazione. Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, andrebbero eliminati gli abusi ed estesi gli ammortizzatori sociali. I titoli sono giusti, per ora è stata approvata una delega, cosa sarà scritto nei decreti ancora non lo sappiamo, spero che non lo scriveranno tra quattro mesi. Perché intanto Poletti ha fatto una cosa gravissima, ha deciso che dal primo gennaio non ci saranno più le casse integrazioni in deroga e, che le casse integrazioni per le altre aziende, varranno solo cinque mesi. Sembra che Poletti abbia in mente solo leghe e cooperative. Ci troviamo nel pieno della crisi, con la mortalità delle aziende altissima, è impensabile immaginare di venirne fuori, senza dare strumenti alle aziende. Un’azienda può riconvertirsi se al progetto partecipa la forza lavoro con il sindacato, ma se l’azienda nega gli ammortizzatori, non avrà la possibilità di fare un progetto di riconversione. La UIL ha sempre lottato per la compartecipazione, questo modo di gestione attraverso il Jobs Act ci fa andare indietro anche nelle relazioni sindacali, all’interno dei luoghi di lavoro, noi siamo per il dialogo, lo sciopero diventa l’ultima arma. Dalla Germania non dobbiamo copiare il modello, ma prendere d’esempio quel metodo, con cui le riforme sono state decise con i sindacati. Il clima che sta innescando Renzi va in tutt’altra direzione».
Per quanto riguarda la legge elettorale, invece, a parer suo, le preferenze di genere andrebbero estese anche a livello nazionale?
«Non dovrebbe esserci il bisogno di questo tipo di certezza, se si scegliessero persone che abbiano delle competenze, sia per le donne che per gli uomini, persone che sul territorio si misurano con le questioni reali. Io credo che il tema della selezione della classe dirigente sia ripartire da partiti presenti sul territorio, che rappresentino con i loro circoli, momenti di confronto e dibattito. La regola dell’amico dell’amico, non può essere il criterio di selezione della classe dirigente. Credo che possa essere utile la parità di genere, ma prima bisognerebbe partire da quest’operazione di cambiamento».
Come possono essere riassunti, secondo lei, gli ultimi cinque anni della Giunta Caldoro, quali sono i pro e i contro di questo Governo?
«Va dato atto a Caldoro, che hanno fatto un’azione di risanamento di una pratica clientelare, che è stata fortemente abusata, a svantaggio dell’efficienza della macchina regionale, pensiamo alla Sanità e ai Trasporti, dove continuiamo a pagare un prezzo altissimo per disservizi e tasse, per risanare un debito fuori controllo. Uno dei grandi limiti di quest’amministrazione è stato quello di essere legata a una burocrazia asfissiante. Un esempio sono gli accorpamenti delle società partecipate, come Campania Ambiente, che ha messo assieme un po’di vecchie aziende, provvedimento che abbiamo deciso un anno fa e ancora queste società non partono. Significa che i lavoratori, intanto, continuano a essere bacati, non hanno un carico di lavoro e soprattutto il lavoro che deve essere affidato a queste aziende, lo si perde a vantaggio di altre, fuori dalla Regione. Ci troviamo davanti a una logica che predica bene e razzola male».
La sua esperienza nel sindacato è decennale, non crede sia giunto il momento di scendere attivamente in politica?
«Non vedo all’interno dei partiti, in questo momento, una progettualità e una ricerca di personale che non risponda alla cooptazione, prevalgono ancora logiche di tribù, piuttosto che cercare di valorizzare altre esperienze. Spero che la politica possa portare in campo risorse umane di grande qualità. Per come sono le discussioni ancora all’interno dei partiti, trovo ancora il sindacato, a differenza di quello che dice Renzi, un luogo più umano e diretto con le problematiche reali e più sano, in questo momento non vedo altro luogo, dove possa restare».