Nel 2016, come ogni anno dall’inizio della crisi, gli italiani che si sono trasferiti all’estero hanno toccato un nuovo record: l’Istat ne ha stimati 115 mila, quanto una città come Vicenza. Ma se i più giovani, studenti o neolaureati, la fanno sempre da padroni, la coorte di “expat” che ha visto la crescita superiore è quella tra i 40 e i 50 anni: tra il 2008 e il 2014 sono raddoppiati, da 7.700 a 14.300.Considerate le persone in età lavorativa, una su cinque sta in quella fascia, una su tre allargando il conto agli over50. Un esodo di professionisti, imprenditori e lavoratori meno qualificati che ormai affianca quello “classico” dei giovani talenti. Con difficoltà superiori: la famiglia da lasciare, una lingua da imparare. E destinazioni diverse. Meno Londra e Berlino, calamite per 20enni. Più geografie fuori dal raggio Ryanair, ma ad alto potenziale di crescita, come Cina o Sudamerica. O Paesi alla ricerca di competenze professionali pronte. Ai nostri medici e ingegneri sia la Germania che i Paesi del Golfo offrono ponti (e stipendi) d’oro. Un flusso di persone istruite, il 31% è laureato, il doppio della media nazionale. Un esodo scattato con la crisi, ma che, nota la Cna, aumenta anche ora che l’Italia ha ritrovato una (mini) crescita: “Non c’entra più la congiuntura, è il nuovo standard”.