Intervista a Marco Plutino, napoletano classe’74 è Docente di Diritto Costituzionale dell’Università degli studi di Cassino. Presidente del comitato scientifico di “Ragione Pubblica” e firmatario dell’appello nazionale dei docenti universitari a favore del “Sì”.
Nel merito, qual è il suo giudizio sui contenuti della Riforma ?
Il mio giudizio sulla riforma è complessivamente positivo. Nonostante l’imperfetta fattura, essa consentirà di risolvere, con l’ausilio di un attento lavoro in fase di attuazione, alcune questioni poste da decenni e perfino una storica, come la creazione di un Senato che rappresenti interessi territoriali, già prefigurato dai Costituenti ma poi frettolosamente abbandonato per il repentino calare della cortina di ferro sui lavori della Costituente.
Secondo lei qual è il punto più importante di questa modifica costituzionale ?
A mio avviso i punti più significativi sono due: la semplificazione del procedimento legislativo, con il superamento del sistema delle “navette” in luogo di un procedimento con tempi garantiti, e la complessiva ricalibratura del nostro regionalismo, con una sensibile riduzione di poteri che le regioni hanno dimostrato di non essere in grado di utilizzare o di utilizzare per il meglio. Entrambi gli obiettivi mi sembrano coerenti con l’imperativo di avere regole che favoriscano la crescita economica.
D’Alema, Berlusconi, Monti, Salvini , Grillo e Vendola : secondo lei quali sono le vere ragioni del no?
A mio avviso il fronte del No può contare su diversi argomenti che fanno appello su incompiutezze o disfunzionalità del progetto, che neanche l’appello nazionale per il Sì nega, ma non esiste una vera ragione tecnico-giuridica o di alta politica per notare No, a mio avviso, tanto più alla luce della alternative. Credo che spesso si tratti di razionalizzare a posteriori (e in qualche caso neanche) un sentimento, certamente trasversale e diffuso, di diffidenza o peggio nei confronti – volta a volta – del Pd, di Renzi o del Governo, ma non è su questo che si voterà il 4 dicembre. La Costituzione merita un trattamento migliore e a noi viene semplicemente chiedo se con la revisione le cose miglioreranno. Mi pare che non si possa che rispondere convintamente Sì.
Al netto dell’Italicum, la riforma aumenta i poteri del governo?
La riforma non modifica la forma di governo, che resta parlamentare e non concede nuovi poteri né al governo né a suoi esponenti, salvo un modesto rafforzamento del governo in parlamento, ovvero la possibilità di ottenere una velocizzazione dell’iter parlamentare per disegni di legge di iniziativa governativa considerati essenziali per l’attuazione del programma. Semplicemente si avviciniamo alle moderne democrazie parlamentari, dove da tempo i governi hanno strumenti adeguati per l’attuazione del proprio programma. Niente di più. Anche considerando l’Italicum, il governo non ha altro che una base numerica più ampia (ma comunque modesta, a dire il vero) e comunque solo inziale, da preservare politicamente. Il parlamento non è limitato in alcune modo nel potere di disfarsi del governo, come invece avveniva in precedenti disegni di revisione, che anche per questa ragione avevano la mia ferma contrarietà perché a mio avviso andavano oltre qualche soluzione di modesta razionalizzazione.
Secondo lei il quesito referendario è giusto com’è oppure andava quantomeno spacchettato ? Il quesito referendario risponde perfettamente alle previsioni legislative, come acclarato da ultimo anche dalla giurisprudenza amministrativa. L’art. 138 Cost. dà al corpo elettorale, in alcuni casi, la possibilità di opporsi a progetto di revisione nato nella sede politico-parlamentare, con effetti determinanti sull’entrata in vigore della legge. Il giudizio non può che essere unitario sul compromesso. Sono due espressioni di uno stesso procedimento, a differenza che nel referendum abrogativo. Di qui la differenza di giurisprudenza e di trattamento.
Il nesso tra l’esito del referendum e la sorti del governo rischia di rivelarsi un boomerang per Matteo Renzi?
Non c’è dubbio che personalizzazione inizialmente promossa dal Presidente del Consiglio non ha aiutato, ma non possiamo neanche pensare che un referendum di portata giuridica, politica e simbolica così ampia, che cade in un momento così delicato non avesse di per sé un plusvalore qualche che sia. Possiamo semplicemente concludere che gli effetti del referendum si faranno comunque sentire forti e chiari dopo il 4 dicembre, ma sarebbe importante che questo avvenisse con un giudizio ponderato e il più possibile nel merito da parte dell’elettorato. Alla fine si tratta di modificare ampiamente la parte organizzativa della nostra Costituzione con effetti durevoli nel tempo. E’ solo questo che dovrebbe contare. La meta è alta e nobile, comunque la si pensi.
Di Salvartore Salzano