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Riccardo, studente-chef di 19 anni, nominato Cavaliere della Repubblica

Riccardo Tiritiello, 19 anni, è uno studente milanese nominato Cavaliere della Repubblica da Sergio Mattarella tra gli “eroi” del Covid. Riproponiamo qui un’intervista pubblicata sul numero di Vanity #iosonomilano.

Non chiedete che cosa il vostro Paese può fare per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese. Se lo dice anche mentre sta andando a recuperare formaggi, frutta, verdura da Pane Quotidiano, una delle associazioni che hanno aderito al suo appello.

Ma John Fitzgerald Kennedy non c’entra: l’ispirazione per lanciare @chefincorsia l’ha avuta a tavola, con i suoi genitori Monica e Massimiliano e suo fratello Filippo.

«Da giorni mi chiedevo come potessi dare una mano, davanti alle immagini dei Tg. Così ho proposto a mio papà, che con mio nonno ha una gastronomia nel Mercato Comunale di Quarto Oggiaro, di portare noi il cibo ai medici, agli infermieri, e insomma a tutti coloro che stanno lavorando negli ospedali per salvare vite. La mia famiglia, che è eccezionale, mi ha subito appoggiato».

Come funziona @chefincorsia?

«Facciamo arrosti, crocchette, pasta, panini, e raccogliamo pizze e insalate – a San Giuseppe, anche le zeppole – per portarle agli ospedali Sacco e Niguarda a Milano, e al Bassini a Cinisello Balsamo. Per ora hanno aderito un paio di pasticcerie, una panetteria, una pizzeria e un ristorante dei Navigli».

Quanto ci vuole per fare tutte le consegne?

«Tutto il giorno: alle 6 mi sveglio e rispondo a chi ci manda messaggi per aderire (alla mail chefincorsia@gmail.com, ndr), oppure a chi ci ringrazia. Alle 8 organizzo ritiri e consegne, poi mi raggiunge Aurora, una mia compagna di classe. Dalle 10 siamo in giro a ritirare la merce, moltissimi fornitori della gastronomia ci donano le materie prime. Dalle 12 alle 18 poi iniziamo a cucinare, siamo noi due più un altro compagno, Ciro, che fa il pizzaiolo, e l’aiuto dei sette, otto dipendenti della gastronomia. Dalle 18.30 iniziamo a consegnare, dotati di mascherina e guanti che buttiamo appena usciamo dall’ospedale. All’inizio solo al Sacco, poi ci ha scritto il capo degli infermieri del Niguarda, e ci siamo emozionati: la situazione è tragica».

Che cosa vi ha colpito di più?

«Una volta abbiamo visto dietro un vetro dei malati con i respiratori. È stato orribile. So che è una brutta parola da usare, ma non ce ne sono altre. E poi mi ricorderò sempre la faccia dell’infermiera che ci ha accolto la prima volta: aveva gli occhi rossi e continuava a piangere, non smetteva. Aveva la faccia piena dei lividi lasciati dalla mascherina e le labbra screpolate perché, ci ha spiegato, non possono andare a bere spesso».

Quando rientra?

«La sera alle 21, mangio e sbrigo altri messaggi. Poi devo fare i compiti».

Avrà la maturità quest’anno?

«Sì, sono all’ultimo anno dell’alberghiero Paolo Frisi, dopo mi piacerebbe diventare chef. Per ora non facciamo lezioni a distanza, perciò sono in pari con i compiti. I miei professori sanno quello che sto facendo e mi sostengono, come del resto tutta la mia classe».

C’è qualcuno invece che l’ha criticata?

«Critiche no, ma molte attività a cui abbiamo chiesto una mano ce l’hanno negata. O non hanno nemmeno risposto. Pazienza. Tutti quelli che mi conoscono dicono che ho il cuore grande. Non so se è vero, so che mi sento bene a fare questo, ne sono fiero».

Sul suo profilo Instagram si è definito «imprenditore».

«Ci saranno quattro foto, non ci vado mai, in generale considero i social una perdita di tempo. Ho aperto quell’account perché con due amici volevamo lanciare un brand di abbigliamento, ma siamo stati interrotti dal coronavirus».

Il brand si chiama «mumps», che in inglese è il virus della parotite. 

«Non so perché fosse stato scelto, ma forse ora il nome di un virus non funziona più…».

Che cosa ha imparato da questo momento?

«Che l’unione fa la forza. Che vale sempre la pena aiutare gli altri, perché c’è sempre qualcuno che ha bisogno. Come le dicevo, non bisogna aspettare che arrivi qualcuno ad aiutarti, siamo noi che dobbiamo unirci e capire come possiamo essere utili».

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