Ieri si sono svolti i funerali di Andrea Papi, il runner sbranato e ucciso da un’orsa in Trentino.
Don Renato Pellegrini, al funerale, ha affermato: “A Dio affidiamo la nostra rabbia perché tragedie come quella non accadano più. Andrea era una presenza entusiasta nella nostra comunità. È morto su una strada che percorreva perché era la sua strada, la nostra strada”.
Il giovane stava percorrendo dei boschi quando sarebbe stato attaccato dall’esemplare Jj4 il 5 aprile scorso. Subito Maurizio Fugatti, presidente della Provincia autonoma di Trento, ha disposto l’abbattimento dell’animale.
Questa decisione ha fatto insorgere le associazioni animaliste che si sono opposte a tale scelta.
L’orsa, già conosciuta in zona, era tenuta sotto controllo da un radiocollare, che però risulterebbe scarico e quindi renderebbe più complicata la sua cattura.
L’animale avrebbe già attaccato l’uomo negli anni precedenti e il suo abbattimento fu già emesso, ma, grazie ad un ricorso al Tar, venne bloccata tale decisione.
Non è una novità il fatto che molti animali scendano più a valle alla ricerca di cibo o semplicemente per riprendersi i propri spazi e , sempre più spesso, si avvicinino a pascoli, fattorie o addirittura nuclei urbani.
L’orso bruno, simbolo del Trentino, è stato emarginato e cacciato dal proprio territorio per lasciare spazio ad attività turistiche e commerciali.
Il tragico episodio accaduto deve aprirci gli occhi verso un problema più grande: la mancanza di rispetto verso la natura. Questa qualità, appartenente alle tribù più antiche, purtroppo, è stata persa nel tempo.
Risulta necessario lasciare una gran parte di territorio agli animali, permettergli di vivere lontano dall’essere umano e crescere nel proprio luogo d’origine.
Abbattere un orso non risolverà il problema poiché la natura tenterà sempre di riprendersi i propri spazi.