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Sacerdozio e amore: esperienza di dolore?

La Repubblica di lunedì 19 maggio riporta un ampio intervento del teologo Vito Mancuso dal titolo “Il matrimonio è un diritto anche per i preti” in cui si riferimento ad un lettera indirizzata a Papa Francesco da 26 donne (di cui non si specifica la nazionalità) che stanno vivendo, hanno vissuto o vorrebbero vivere una relazione d’amore con un sacerdote di cui sono innamorate e manifestano la loro profonda sofferenza per questa esperienza, e chiedono a Francesco che qualcosa possa cambiare per il bene stesso della Chiesa. Fa tenerezza questa manifestazione da parte di donne innamorate di un sacerdote che non possono coronare il sogno d’amore per la legislazione vigente del celibato sacerdotale, e mette in risalto un aspetto umanissimo trascurato riguardante le donne. Senza sottovalutare il significato di una donazione totale nel servizio della Chiesa, liberamente assunta, ci si deve augurare che se ne possa discutere liberamente nelle varie comunità cristiane  perché si tratta di profonde esperienze umane come quella dell’innamoramento e della relazione d’amore tra uomo e donna. La cosa peggiore da evitare è il silenzio che, specie nel nostro paese, ha coperto e copre negli ultimi decenni la questione, ed esperienze “clandestine” più o meno giustificate a se e agli altri che nel caso migliore sono espresse dalle sofferenze delle donne che “fell in love” per un sacerdote. Una fedele sposata che amo ascoltare per la sua sapienza mi metteva in evidenza un altro aspetto, il sacerdote che si innamora di una donna e non sa uscirne fuori, a suo avviso manifesta una debolezza rispetto alla scelta celibataria fatta ed allora è meglio sposarsi. In linea di massima dichiarandosi a favore del matrimonio dei preti.

Il problema da un punto di vista fenomenologico presenta diversi aspetti: coloro che hanno abbandonato il sacerdozi per amore di una donna (c.d. “spretati”), centomila negli ultimi cinquant’anni e nei vari paesi hanno proprie associazioni, talora continuano ad offrire servizi alle comunità cristiane; coloro che vivono un’esperienza clandestina di rapporti con una donna, che riteniamo costituisca una svalorizzazione della relazione d’amore e dell’attività sessuale, anche se in alcuni paesi dell’America latina il rapporto con una donna e la presenza di figli è patente alle comunità cristiane; esistono anche sincere relazioni amicali e di collaborazione tra un sacerdote e donne che costituiscono un mutuo aiuto. Un mio confratello di grande signorilità e spiritualità, defunto da tempo, mentre una sera recitava il rosario nei corridoi della comunità mi fermò per dirmi: «Domenico, qual è la forma più pesante di povertà?» Abbozzai qualche risposta ma replicò «Non avere una persona con cui confrontarsi».

Che cos’è realmente in questione, senza sentimentalismi? L’esistenza di una legislazione ecclesiastica formatasi storicamente che sancisce il celibato per gli ordinati al sacerdozio, che verrebbe da dire con un’espressione popolare “Papa bolla, papa sbolla”, anche in soccorso della debolezza umana se non della bellezza della relazione d’amore da vivere per esempio da un presbitero maturo come nelle comunità delle confessioni ortodosse. Tutti abbiamo conosciuto e conosciamo laici felicemente sposati e dotati di cultura e spiritualità appartenenti ad associazioni e movimenti, che potrebbero offrire un servizio sacerdotale alle comunità più maturamente del pretino di fresco ordinato inviato dal vescovo in una parrocchia. In secondo luogo, se non la sessuofobia di un corpo ecclesiastico maschile, è sottesa la non compatibilità tra sacro e sessualità, in un certo senso come tra puro ed impuro, che persiste e conferma la divisione del lavoro religioso  ed una forma di potere sacrale.

Sullo sfondo, si tratta di ridare valore e senso alla relazione d’amore tra uomo e donna secondo l’ispirazione biblica come apertura al divino ed alla stessa sessualità umana non banalizzata come sembra talora tra giovani generazioni. E se si vuole alla ricerca ed al diritto alla felicità, come prevede la Costituzione federale degli USA. Rimane fondamentale per le scelte la LIBERTA’ possibile in un verso o nell’altro anche in questa questione, per usare il linguaggio renziano. Uso talora dire: se nella vita non abbiamo amato qualcuno o qualcuna, nel senso di prendersi cura, che abbiamo vissuto a fare?

Verrebbe da dire “Papa Francesco, ricevi ed ascolta queste donne innamorate di un sacerdote” ed apri il cuore.

 

 

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