Il 2019 dei Radicali per il Mezzogiorno europeo si è aperto il 3 gennaio con una visita nel carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere. Visita che ha concluso un ciclo aperto da quelle nelle carceri di Nisida (minorile) e di Arienzo il 21 e il 22 dicembre scorsi. Se nei primi due casi le luci superavano le ombre, a Santa Maria Capua Vetere i Radicali (delegazione guidata dall’avvocato Raffaele Minieri, promotore delle tre visite) hanno trovato una situazione ben diversa. Sia i detenuti che gli agenti penitenziari hanno rivelato diverse criticità, dalla mancanza di lavoro e di modi per passare il tempo in carcere fino alla cronica carenza d’acqua, la pianta organica della polizia penitenziaria e perfino recriminazioni sulla mancanza di divise invernali.
Procedendo con ordine, partiamo dai numeri di Santa Maria Capua Vetere: i detenuti al momento sono 938 di cui 57 donne. La capienza regolamentare del penitenziario è di 880 detenuti, dunque al momento vige un leggero sovraffollamento. Sono presenti sia detenuti di alta sicurezza (tra cui tutte le 57 donne) che di media sicurezza, i cosiddetti “comuni”. Solo 14 detenuti sono in articolo 21 (lavoro esterno) e 19 sono i semiliberi. Gli stranieri sono circa il 10% della popolazione detenuta di Santa Maria.
Tra i progetti attivi nella struttura, al momento figurano la sartoria che impiega dieci detenuti maschi per la produzione di pantaloni e camicie mentre altri sei o sette saranno implementati per la produzione di zaini. Anche nel reparto femminile è in funzione la sartoria per la produzione di borse e accessori, in collaborazione con la cooperativa Le Lazzarelle, la stessa che opera nel carcere femminile di Pozzuoli dove produce caffè. È inoltre partito un progetto legato al mondo della pasticceria ma in generale le occasioni di lavoro e di impiego costruttivo del tempo per i detenuti, sono ridotte all’osso. In particolare per i quasi mille maschi di cui solo una minima parte lavora, mentre va meglio per le donne che sono comunque in numero decisamente minore.
Il carcere di Santa Maria Capua Vetere è tristemente noto per la cronica carenza d’acqua. La direttrice, dottoressa Elisabetta Palmieri, ha spiegato alla delegazione radicale che è stato presentato il progetto per l’allaccio all’acquedotto comunale ma anche che occorrerà attendere almeno un altro anno prima che ciò avvenga. La Regione ha già stanziato due milioni di euro, fondi necessari affinché il Comune di Santa Maria Capua Vetere possa completare l’opera, attesa ormai da anni. Al momento il carcere è servito da autocisterne per le cucine, pozzi artesiani e acqua minerale che viene quotidianamente fornita ai detenuti. Questi hanno raccontato ai Radicali che perfino fare la doccia nel carcere di Santa Maria non basta per sentirsi puliti. L’acqua ha un colore strano, tra il marrone e l’arancione e secondo un detenuto sarebbe la causa di alcune macchie che ha mostrato all’altezza della caviglia mentre per altri genera pruriti e gli asciugamani andrebbero buttati via ogni volta che si utilizzano perché si macchiano con lo strano colore dell’acqua.
Da un punto di vista sanitario, la struttura ospita diversi specialisti tra cui due dentisti, un cardiologo, un oculista, un diabetologo e altri medici al servizio dei detenuti ma tra questi non manca chi denuncia lunghe attese per una medicina, come un ristretto al reparto Tevere che attende da sette mesi un farmaco per la psoriasi. Dal carcere tuttavia lamentano la mancanza di un reparto ospedaliero presso il San Sebastiano di Caserta, sullo stile del padiglione Palermo del Cardarelli di Napoli, riservato ai detenuti. I vertici della struttura hanno spiegato ai radicali che una soluzione analoga sarebbe possibile già: all’ospedale San Sebastiano vi è infatti un piccolo reparto da sei posti con tanto di sbarre e pronto all’uso, lasciato all’abbandono. Il carcere di Santa Maria Capua Vetere, in luogo dei piantonamenti nelle corsie, chiede che quel reparto detentivo sia aperto e messo a disposizione per accogliere i detenuti bisognosi di ricovero.
Sul fronte istruzione, ai detenuti si eroga scuola elementare, scuola media, liceo artistico e tecnico professionale in una struttura che, tuttavia, vede operativi appena quattro educatori. Non va meglio sul versante della polizia penitenziaria che lamenta una pianta organica solo formalmente rispettata (496 agenti su 470 di pianta organica) ma che celerebbe un sottonumero di almeno cento unità. I turni sono di otto ore e in certi casi ci si trova a controllare più zone del carcere (per la mancanza di agenti) per un lavoro che diventa massacrante. In più, a Santa Maria Capua Vetere non sono mai arrivate le divise invernali della penitenziaria. Gli agenti indossano quella che utilizzano anche nei mesi estivi.
A Santa Maria ci sono sia detenuti in via definitiva che in attesa di giudizio in quella che è una casa circondariale. Ci sono tre reparti di Alta Sicurezza, due maschili e il femminile, oltre a due di media sicurezza. Le celle sono da due fino a cinque detenuti ma il vice comandante Roberta Maietta, commissario che ha accompagnato la delegazione, ha precisato che la sentenza Torregiani è rispettata. Tuttavia la maggior parte delle celle è sprovvista di docce in camera e i detenuti sono costretti a farla in docce in comune situate nei corridoi, con tutte le difficoltà connesse all’acqua sopra spiegate. I colloqui coi familiari sono quattro al mese più i premiali. Tuttavia anche per i colloqui sono stati esposti problemi da alcuni detenuti. A Santa Maria, infatti, anche i bimbi fino a dieci anni di età sono conteggiati tra i quattro familiari ammessi al colloquio, col risultato che chi ha più figli non riesce a vederli tutti nel corso dell’incontro.
Ogni sezione (o piano) ospita 70 detenuti. La delegazione ha iniziato la sua visita recandosi nel reparto Volturno (tre piani, 210 ristretti) dove a differenza che negli altri padiglioni vige il regime delle celle aperte dalle 8 alle 20. Il Volturno ospita detenuti “comuni” condannati in via definitiva. L’area adibità alla socialità è molto grande, completa di angolo cucina, calcio balilla e perfino una Play Station. Al reparto Tevere, che ospita detenuti di Alta Sicurezza, i ristretti hanno lamentato il freddo (la visita si è svolta col termometro non così distante dallo zero) e gli orari troppo esigui in cui funzionano i riscaldamenti. Molti detenuti indossavano i loro giacconi durante la visita, svolta nelle ore pomeridiane. Oltre al freddo, non manca chi lamenta l’eccessiva severità degli agenti che scrivono rapporti anche per motivi ritenuti futili, né chi denuncia la totale assenza di attività tranne passeggio e socialità. I detenuti, di fatto, trascorrono la maggior parte della loro giornata chiusi in cella. Un detenuto ha infine chiosato che “viviamo come gli animali”.
I Radicali si sono infine recati nel reparto femminile e anche qui le detenute hanno parlato della mancanza d’acqua potabile e della difficile convivenza coi numerosi insetti che infestano la struttura. Anche nel reparto donne ci si lamenta per il freddo e per gli orari dei termosifoni ma nel complesso la vita risulta migliore rispetto a quanto riscontrato nei reparti maschili.
Santa Maria Capua Vetere si conferma ancora una volta un carcere con ampi margini di miglioramento alla luce di una visita che ha palesato decisamente più ombre che luci, a partire dalla questione dell’acqua in una struttura dove perfino l’aria è resa pesante e talvolta irrespirabile dai miasmi provenienti dal sito di San Tammaro dove si lavorano i rifiuti. A Santa Maria, insomma, non ci si fa mancare niente.
Fabrizio Ferrante