Sono passati 11 mesi da quando le autorità sanitarie di Wuhan, in Cina, dichiararono di aver individuato nello Huanan Seafood Wholesale Market, il mercato del pesce e di animali vivi della città, il luogo d’origine della pandemia di CoViD-19. Si riteneva che la promiscuità tra l’uomo e la fauna selvatica in un ambiente umido, freddo e affollato avesse favorito il fatale salto di specie del coronavirus SARS-CoV-2.
Nell’arco dell’anno abbiamo imparato che il nuovo coronavirus è probabilmente arrivato dai pipistrelli (per colpa dell’uomo), forse attraverso un ospite animale intermedio; che il mercato di Wuhan potrebbe non essere stato stato il luogo dove tutto è cominciato, ma semplicemente, data la folla che attraeva, un moltiplicatore delle infezioni; e che coronavirus simili al SARS-CoV-2 sono molto diffusi tra i pipistrelli, sebbene non se ne sia ancora trovato uno abbastanza vicino al patogeno della covid da giustificare un suo passaggio diretto all’uomo.
Vediamo allora quali sono le ultime scoperte sull’origine del coronavirus, e a che punto sono le indagini, avviate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sulle cause della pandemia.
UN’INDAGINE UFFICIALE. Il 23 ottobre 2020 l’OMS ha reso noto di aver avviato un’indagine in due fasi in collaborazione con i più competenti scienziati cinesi per risalire alle origini del virus. La prima fase, che sarà affidata ai soli esperti della Cina, sarà dedicata alle indagini sul territorio e dovrà fornire alcune ipotesi sulle fasi iniziali di circolazione del virus. Queste prime tracce costituiranno la base di partenza per la seconda fase, che vedrà coinvolti anche scienziati indipendenti dell’OMS.
LE PISTE DA SEGUIRE. Come si legge nel documento che illustra i dettagli della prima parte della missione (quella “cinese”), ci sono diversi elementi utili da cui partire. Le analisi dei primi campioni di virus isolati nei pazienti di Wuhan e nel mercato cittadino potrebbero aiutare a capire come si è evoluto il patogeno e dove si è inizialmente diffuso. Il virus è apparso geneticamente molto stabile sin dall’inizio, con un profilo genetico ben conservato e simile nei diversi Paesi toccati dalla pandemia, come se già nei primi tempi fosse ben adattato a infettare l’uomo.
Nell’ottica di ricostruire una “storia” iniziale di diffusione della CoViD-19, potrebbe essere estremamente utile effettuare la ricerca degli anticorpi contro il SARS-CoV-2 nei campioni di sangue raccolti in analisi di routine prima dell’esordio conclamato della pandemia, in Cina e nei Paesi limitrofi. Questo filone di indagine potrebbe dare risposte ad alcune domande fondamentali: da quanto circolava questo virus? Che lavoro facevano o che comportamenti tipici mostravano, le persone inizialmente contagiate? Avevano interagito con animali selvatici, o viaggiato in qualche luogo particolare?
SERBATOI ANIMALI. Altre ricerche sul campo si stanno concentrando sull’origine zoonotica del virus. I pipistrelli sono riserve naturali dei coronavirus, e due tra i coronavirus geneticamente più vicini al SARS-CoV-2, il RaTG13 e il RmYN02, sono stati isolati in popolazioni di pipistrelli nella provincia cinese dello Yunnan. Il più simile, il coronavirus RaTG13, scoperto nei pipistrelli ferri di cavallo (Rhinolophus affinis) condivide il 96,2% di sequenza genetica con il coronavirus della covid, ma questo 4% di differenza corrisponde comunque a 40-70 anni di distanza dall’ultimo comune antenato tra i due virus. Si tratta insomma di un “virus parente” potenzialmente in grado di infettare l’uomo attraverso gli stessi recettori cellulari, ma non dell’antenato diretto del patogeno che oggi ci contagia.
AMPLIARE GLI ORIZZONTI. Un papabile antenato del SARS-CoV-2 dovrebbe condividere con esso almeno il 99% del suo patrimonio genetico. Le ultime ricerche disponibili sul tema indicano che, per trovarlo, è necessario allargare le indagini fuori dai confini della Cina. Due scoperte riportate da Nature descrivono la scoperta di coronavirus affini al SARS-CoV-2 in campioni congelati di pipistrelli del genere Rhinolophus o di loro deiezioni conservati per anni in laboratori di Cambogia e Giappone.
Anche se al momento sembra trattarsi di una lontana somiglianza deducibile soltanto da piccoli frammenti virali, è la prima volta che si arriva a menzionare animali catturati fuori dalla Cina: è la conferma che, come da tempo sostenuto dall’OMS, il SARS-CoV-2 non è un virus completamente nuovo e sbucato fuori all’improvviso, ma che patogeni ad esso vicini sono largamente diffusi nei pipistrelli in varie parti dell’Asia, e che occorre intensificare le ricerche per risalire all’antenato di questo coronavirus.
OSPITI INTERMEDI. Altra faccenda spinosa è quella degli ospiti intermedi del virus: le indagini finora hanno individuato oltre 500 specie animali aventi i recettori cellulari ACE2, le porte di ingresso che il SARS-CoV-2 usa per accedere all’organismo. In particolare i visoni, i gatti domestici e i criceti sembrano particolarmente suscettibili all’infezione e in alcuni casi possono trasmetterla ad animali della stessa specie. Questo alimenta le preoccupazioni che alcuni allevamenti intensivi, come quelli di visoni, possano costituire riserve virali suscettibili a futuri eventi di spillover (salto di specie). Ma finora la ricerca dell’ospite intermedio del virus, che come sappiamo ha coinvolto anche i pangolini (per approfondire), non ha portato da nessuna parte.
INDIZI STRUMENTALI. Un quarto ambito di indagine cavalcato dalla propaganda cinese riguarda la possibilità che le superfici che si trovano a contatto con il cibo e il cibo stesso possano essere contaminati dal virus, come farebbe pensare la scoperta di materiale virale sui banconi di mercati e mattatoi e su alcuni prodotti alimentari surgelati. Finora però non ci sono prove del fatto che il cibo contaminato possa contribuire in alcun modo al contagio; piuttosto, sarebbero gli individui positivi al virus a lasciare tracce di esso sulle superfici e sul cibo che toccano. In Cina, la presenza di materiale virale su salmoni e gamberi surgelati è stata usata per rafforzare l’idea di un virus “importato”, proveniente dall’estero, da contrapporre alla vittoria interna contro la pandemia.
SIAMO ANCORA IN TEMPO? I ricercatori cinesi hanno già dimostrato di avere gli strumenti, l’esperienza e la tecnologia per svolgere al meglio questa prima complessa fase delle ricerche. Proprio a loro si deve l’importante contributo iniziale al sequenziamento genetico del virus che è servito da base per le prime ricerche su farmaci e vaccini. Gli elementi raccolti saranno poi discussi e rivisti con gli esperti dell’OMS, e serviranno per fissare un’agenda con le tappe della missione prima che la commissione arrivi nel Paese.
Il tempo trascorso in questi mesi per contenere l’emergenza sanitaria non dovrebbe essere d’ostacolo alla soluzione del problema. Nel 2003 gli scienziati dell’OMS arrivarono in Cina quasi tre mesi dopo il primo caso di SARS, ma riuscirono comunque a identificare in poche settimane l’origine animale del virus. Furono provvidenziali le tecniche di tracciamento genetico, che da allora sono molto progredite.