Scampia, quartiere periferico della città di Napoli, è ormai diventato simbolo mediatico della criminalità organizzata. Il luogo, con le sue innumerevoli problematiche che tutti conoscono, spesso è raccontato e descritto solo attraverso il suo lato oscuro, quello della camorra, dei bambini che spacciano droga, delle sparatorie e degli omicidi. Basti pensare all’ultima serie televisiva “Gomorra”; che ha riscontrato un ottimo successo, per comprendere quanto raccontare la criminalità della zona sia una tendenza. A Scampia, però, c’è altro, ci sono le associazioni sportive che puntano a coinvolgere i bambini nello sport per allontanarli dalla strada, ci sono laboratori di dopo scuola per aiutare gli studenti e numerosissime altre attività ludiche e non, che fanno della partecipazione comune, il punto di forza ma soprattutto di riscatto per i suoi abitanti. Il quartiere, che spesso è utilizzato dal politico di turno per la propria campagna elettorale, nonostante si sia più volte parlato di progetti di riqualificazione, versa ancora in una situazione di degrado. Quando però, sono i cittadini a unirsi volontariamente per un progetto comune, i risultati s’iniziano a vedere. E’questo il caso del laboratorio, composto da volontari e persone del quartiere, che ha dato vita a“Note di speranza”, un’opera di mosaico di quasi 100 mq, realizzata per rivestire la facciata della Chiesa Santa Maria della Speranza a Scampia. Il progetto, il cui risultato sarà presentato all’inaugurazione il prossimo 11 luglio alle 18,30 dal Cardinale Sepe, ha avuto lo scopo di decorare l’esterno della chiesa, che prima era in cemento armato. La realizzazione è stata resa possibile grazie all’aiuto dell’Accademia di Belle Arti di Napoli che ha aiutato i volontari e alla Trend Group che ha regalato le tessere per comporre il mosaico.
Ne abbiamo parlato con Stefania Sannino, un’insegnate che ha partecipato come volontaria a questo progetto.
Com’è nata l’idea di realizzare questo mosaico?
«Questo progetto è nato circa due anni e mezzo fa, quando ci fu l’idea di ricoprire la facciata della Chiesa che era in cemento armato, per renderla più accogliente, da qui l’idea del mosaico. Dopo è nato il problema della formazione, come realizzare il mosaico, così un gruppo è partito per Venezia a seguire un corso di formazione, completamente gratuito, presso l’Antica Fornace di Venezia, a seguire abbiamo buttato giù delle bozze, che sono state riviste e rielaborate dalla cattedra di decoro dell’Accademia di Belle Arti».
Al progetto, oltre i volontari come lei, hanno partecipato anche gli abitanti del quartiere?
«Sì, hanno partecipato alcuni residenti di Scampia tra i diciannove e i cinquant’anni, due ragazzi della Repubblica Ceca, persone che vivono di stenti, questo è il carattere multiculturale del progetto. Poi c’è stata l’importante collaborazione dell’Accademia di Belle arti, con l’artista Cevoli che ha coordinato tutti i lavori. C’è stato molto entusiasmo nella partecipazione, anche perché è stato un lavoro a più mani, un continuo scambio tra il territorio, le idee dei partecipanti, la tecnicità e la dote artistica dell’Accademia. C’è stata una partecipazione diretta in questo lavoro, che è stato visto come una propria creatura, poi è un risultato di cui si gode direttamente, perché è l’affermazione della realtà locale, che non è solo quello che è raccontato dall’esterno, ma in realtà ci sono moltissime cose belle, iniziative e idee di cui si fa poca pubblicità».
Si parla dell’idea che questo laboratorio possa diventare permanente e occupazionale, qual è il vostro progetto per il futuro?
«Tutto questo progetto è nato su base volontaria, c’era l’idea di abbellire questa Chiesa. A oggi, a competenze acquisite, abbiamo l’idea di trasformarlo in laboratorio occupazione, proprio perché non c’è lavoro, per chi intanto in questo progetto ha maturato delle competenze e potrebbero metterle a frutto, creando magari un polo occupazionale. Questo sarebbe il passaggio forte di questo progetto, che si propone al mercato, per dire commissionateci del lavoro e noi procediamo nell’ideazione e sviluppo, e ci auguriamo davvero che questo possa accadere».