Gli studenti di italiano nelle università americane sono passati dai quasi 50 mila del 1990 agli oltre 71 mila del 2013, afferma la Modern Language Association; e la lingua del “bel paese là dove ‘l sì suona” è al quarto posto tra le lingue moderne insegnate al mondo.
Ma cosa avviene dell’italiano in Italia? Alcune facoltà universitarie si fanno un vanto di impartire tutte le lezioni solo in inglese; i compiti degli allievi di ogni scuola, dalle medie all’università, infarciti di errori di grammatica e sintassi, poveri di concetti e di argomentazioni, fanno disperare docenti e insegnanti; e si afferma alla grande una neolingua – il politichese, il burocratese, il sindacalese, il pierrese – tortuosa, verbosa, oscura, ricca di parole importate che non tutti sono obbligati a conoscere: jobs act, class action, week end, check up, think tank, spending review, fino ai neologismi arbitrari quali schedulare, splittare…
Perché decisori e informatori si dilettano a stravolgere ed a straziare una delle lingue più belle del mondo, ricchissima di termini ben più dell’angloamericano (si dice che quotidiani e tv d’oltreoceano utilizzino all’incirca solo 800 parole per comunicare) capaci di sostituire ottimamente parole d’importazione?
Servilismo culturale, certo. Non escluso il tentativo di creare una lingua per iniziati, un po’ come avveniva nel Medioevo con il latino; tra i mezzi con i quali i potenti e i sapienti tenevano in soggezione la plebe.
A fronte della neolingua, l’italiano “del popolo”, che discende da Dante, Petrarca, Machiavelli e Manzoni, si è drammaticamente impoverito. Sei italiani su 10 non leggono libri (siamo tornati al livello del 2001), in 20 anni la vendita dei quotidiani si è dimezzata, e il 70 per cento di chi legge ha difficoltà a comprendere quanto è scritto. Mentre si diffonde in maniera abnorme, grazie alla tecnologia, l’uso di messaggini di poche parole che non consentono di esprimere concetti complessi.
Molti si dichiarano impegnati a difendere l’italianità da presunte invasioni straniere. Ma quale italianità ci può essere se si sta distruggendo la lingua nazionale?
Certo, insegnare bene la lingua globale, l’inglese, fin dalle elementari è cosa utile. Ma non a scapito dell’italiano che garantisce la nostra identità. Lo sanno bene i ticinesi: tra le finalita’ della Associazione culturale Carlo Cattaneo di Lugano primeggia la difesa della lingua italiana.
Achille Colombo Clerici