In vista della Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti che si terrà il 21 marzo a Napoli. Il Garante campano delle persone private della libertà personale Samuele Ciambriello, d’intesa con l’associazione Libera e il Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti di camorra, ha organizzato una serie di incontri-testimonianze nelle carceri.
Oggi si è tenuto il secondo incontro presso il reparto Mediterraneo della casa circondariale di Secondigliano, con la testimonianza di Sannino Emanuela, e il presidente di “Libera” per Napoli Antonio D’Amore, presente anche la vicedirettrice Gabriella Niccoli.
Un messaggio forte quello lanciato dal Garante ai 46 detenuti presenti “la parola legalità deve essere sostituita con il termine e valore responsabilità, dove ognuno può ritrovare in sé quella forza ricostruttrice. Il vero aiuto è la capacità di progettare un carcere che dia valore ai rapporti tra autori, vittime e comunità intesi in termini di reciprocità e circolarità. Il dolore delle vittime deve essere un dolore collettivo presente nella vita di ognuno, affinché l’indifferenza non diventi un proiettile letale per chi vive il carcere e per la comunità.”
Il presidente dell’associazione “Libera” ha invitato i detenuti a leggere nel Giorno della Memoria la lista dei nomi delle 1200 vittime innocenti, per continuare a mantenere il ricordo affinché si possa incentivare la capacità di andare oltre ciò che stiamo vivendo oggi per generare un futuro che si batta per la giustizia sociale.
Toccante è stata la testimonianza di Emanuela Sannino, figlia di Palma Scamardella uccisa il 12 dicembre del 1994 all’età di 35 anni a Pianura, vittima di un proiettile destinato a un camorrista.
All’ incontro così ha esordito Emanuela: “mi sono sempre chiesta che senso ha la mia testimonianza, mi piace pensare che la morte di mia madre possa servire per cambiare uno status. Nessuno sceglie dove nascere e l’ho vissuto personalmente. Dopo la morte di mia madre, mio padre non è riuscito a sostenermi, così sono stata affidata a mia zia materna che mi ha permesso di essere la persona che sono oggi.
Sono qui perché voglio dare un senso alla morte di mia madre, e mi auguro che voi possiate aiutarmi a credere in questo percorso costruendo ponti di memoria e luoghi di impegno.”
Interessante è stato anche il dibattito tra Emanuela e un detenuto ristretto nel reparto Mediterraneo a pochi esami dalla laurea in Giurisprudenza, quest’ultimo dichiara:” è importante che noi accettiamo ciò che siamo affinché anche la comunità ci accetti come persone, siamo i primi a discriminare soggetti che compiono determinati reati, dimenticando che gli stessi possono avere ad oggetto vittime se pur non dirette.”
I successivi incontri si terranno giovedì mattina nel carcere di Bellizzi Irpino, con le testimonianze di Annamaria Torre, Anna Garofalo e Marco Cillo e poi nel pomeriggio nella casa circondariale di Fuorni, con la chiusura di venerdì a Santa Maria Capua Vetere con 12 studenti delle classi quinte dell’istituto Tecnico Economico Statale Leonardo Da Vinci di Smcv e le testimonianze di Marzia Caccioppoli, Marilù D’Angelo, e Bruno Vallefuoco.
“Ringrazio questi coraggiosi testimoni di giustizia e verità che entreranno nelle carceri, storie pulsanti di vita e di impegno civile, la mafia e la camorra come spesso ci ha ricordato Paolo Borsellino vivono sul controllo sul territorio o si fanno la guerra tra loro con morti e vittime innocenti, o si mettono d’accordo. Le mafie sono più invasive oggi, danno risposte che lo stato spesso non dà. Ai promotori di morte dobbiamo, in tutti i modi, togliere respiro e manodopera” così conclude l’incontro il Garante Ciambriello.