Musei italiani, si gira pagina. Arrivano tanti direttori stranieri per i venti musei pubblici più importanti d’Italia. Nella lista sette sono stranieri, tredici gli italiani e quattro di loro tre dei tornano dopo prestigiose esperienze all’estero. Primo commento del ministro per i Beni e le attività culturali, Dario Franceschini: «Si volta pagina. Sono scelte di altissimo valore scientifico che colmano anni di ritardi».
La novità più clamorosa riguarda gli Uffizi dove il direttore uscente, Antonio Natali, non ce l’ha fatta. La commissione presieduta da Paolo Baratta ha infatti scelto Eike Schmidt, 47 anni, esperto di arte fiorentina di fama internazionale, in arrivo dal Minneapolis Institute of Art . «Un Paese che dice di voler cambiare non poteva permettersi di dire che restava il vecchio direttore…», ha commentato l’ex direttore. «L’amarezza – dice – l’ho avuta quando ho capito quale era il copione…Da parte mia ho continuato però a lavorare come sempre, come se avessi dovuto restare agli Uffizi fino all’anno Tremila».
Stessa sorte per Brera, altra scelta molto significativa per l’importanza del museo milanese, dove è in arrivo James Bradburne, museologo anglo canadese con, alle spalle, una lunga esperienza italiana alla Fondazione Strozzi.
Alla galleria Borghese di Roma, resta Anna Coliva, direttore uscente.
«Altro che svolta, quello di Franceschini è un errore grave: non si umiliano così i funzionari delle sovrintendenze». Al critico e storico dell’arte Vittorio Sgarbi non è piaciuto affatto il metodo che ha portato alla nomina dei nuovi direttori dei 20 grandi musei italiani. «È solo un’operazione di immagine – attacca Sgarbi -, si è voluto aprire agli stranieri e guarda caso sette direttori su 20 sono stranieri, come pure è sospetto che 10 siano uomini e 10 donne… Ma nomine di questo tipo e di questa importanza un ministro dei Beni culturali le fa in prima persona, assumendosene la responsabilità, non le affida a quattro commissari e al presidente della Biennale di Venezia».