di Paolo Siani*
I bambini dimenticati dietro le sbarre.
Sono 62 sono i bambini che vivono in carcere in Italia con la loro mamma detenuta. Trentatré sono italiani e ventinove stranieri.
Portare i figli in carcere non è un obbligo, ma una possibilità che la legge prevede per le donne con piccoli fra 0 e 3 anni, perché non ci sia distacco dalla madre.
Nel 2011 è stata approvata una nuova normativa, che consente di scontare la pena in una casa famiglia protetta, veri appartamenti con al massimo sei famiglie per struttura. Così si evitano ai bambini limitazioni e alle madri viene data la possibilità di seguirli per la scuola o assisterli in caso di malattie.
Sono 12 i penitenziari italiani che ospitano bambini, fra 15 nidi e 5 ICAM, istituti a custodia attenuata per detenute madri, ossia, come dice Susanna Marietti, carceri costruiti in maniera meno opprimente per consentire ai bambini di vivere la detenzione, insieme alla madri, non in modo opprimente. In Italia, i 5 ICAM sono Milano San Vittore, Venezia Giudecca, Torino “Lorusso e Cutugno”, Avellino Lauro e Cagliari.
Solo due, a Roma e Milano, le case famiglia protette. La vera novità dell’accoglienza, in questi casi, a salvaguardia del rapporto madre e figlio.
È ormai riconosciuto, in modo unanime, che i primi tre anni di vita del bambino sono fondamentali per il suo sviluppo futuro e per la sua crescita equilibrata.
E allora, che inizio di vita stiamo offrendo a questi 62 bambini che vivono in un carcere con la loro mamma ?
Con grande solerzia, il Ministro di Grazia e Giustizia è intervenuto rimuovendo la direttrice della sezione nido del carcere di Rebibbia, dove una mamma, detenuta da poco più di un mese, ha ucciso i suoi due bambini, ora ci aspettiamo che, con altrettanta grande solerzia, pensi a togliere dalle carceri italiane questi 62 bambini. È un loro sacrosanto diritto.
Voglio anche ricordare che, in Italia, sono 100mila i bambini che hanno un genitore in carcere.
*deputato PD