Sono trascorsi dieci lunghi anni di conflitto in Siria, una delle poche possibilità di far giungere la possibilità di un impegno di particolare rilevanza nella risposta ai bisogni umanitari della popolazione è stata la rete ecclesiale. Gli organismi della Chiesa, agenzie umanitarie di ispirazione cattolica, istituti religiosi, patriarcati e circoscrizioni ecclesiastiche, hanno potuto solo grazie alla loro costanza e determinazione, realizzare un capillare e multisettoriale intervento che è evoluto nel corso degli anni. La rete ecclesiastica, negli anni non si è limita solo alla martoriata Siria, ma sostenuto i rifugiati siriani e le popolazioni locali dislocate nei paesi quali Libano, Giordania, Iraq, Turchia, Egitto e Cipro.
L’azione capillare della rete ecclesiale negli anni si è adattata alle necessità della popolazione e, mentre nei primi anni di conflitto si è focalizzata su una risposta prevalentemente emergenziale alla crisi, con un accento particolare sull’aiuto alimentare e per l’alloggio, negli ultimi anni il lavoro umanitario si sta man mano evolvendo. Al di là della continuità nella risposta alle emergenze più acute e ai bisogni essenziali, siamo di fronte a un passaggio dalla fase puramente emergenziale a quella di early recovery. Infatti l’attenzione, si rivolge maggiore ad azioni d’impatto sul medio-lungo termine, che garantiscano maggiore stabilità e futuro alle famiglie colpite da una crisi che si protrae da dieci anni. La ricerca di mezzi di sussistenza durevoli, la formazione professionale, l’avvio di piccole attività produttive, la creazione di opportunità di lavoro, il supporto a sfollati e rifugiati di rientro nelle comunità di origine. Il coordinamento tra diversi organismi ha permesso anche di sviluppare approcci innovativi, azioni non isolate, bensì programmi più complessi e articolati che integrano diversi settori d’intervento e che prevedono un arco temporale di realizzazione più lungo.
La Caritas, ad esempio, sta realizzando un programma triennale in Aleppo a beneficio di molti siriani, che prevede un intervento su più settori e in particolare l’avvio e il rilancio di piccole e medie attività produttive. Le aree geografiche di maggiore intervento in Siria sono Aleppo, Damasco, Ghouta, Homs, litorale e la zona di Hassakeh. Sanità e istruzione sono stati invece settori di intervento prioritari costanti per la rete ecclesiastica nel corso dei dieci anni di conflitto. In particolare per la sanità è da segnalare il progetto «Ospedali aperti in Siria», di rilevante entità sia economica che sociale, un progetto di lungo periodo, strutturale e formativo, avente come obiettivo una nuova ed efficace operatività di centri ospedalieri cattolici a Damasco e ad Aleppo. A tali settori si aggiungono in particolare quello del supporto psicosociale, spesso integrato in programmi educativi, del livelihood e della pace, riconciliazione e coesione sociale, dell’accompagnamento spirituale e pastorale.Va evidenziato, come oggi al perpetrarsi del conflitto e all’impatto delle sanzioni sulla popolazione civile, si aggiungono le conseguenze della pandemia dovuta al covid-19, portando la Siria a una crisi socio-economica acuta, in cui circa l’85 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà, 11 milioni di persone sono in stato di bisogno, di cui 4,8 milioni di bambini, mentre sono 6,2 milioni gli sfollati interni (dati Onu, Ocha).
La Chiesa, nonostante ogni forma di rischio non cessa di portare il proprio aiuto, anche grazie anche al lavoro instancabile delle organizzazioni locali, Caritas, diocesi, congregazioni religiose e altri organismi caritativi.
A cura di Raffaele Fattopace