Carlo Emmanuele Maresca vive a Torre annunziata, sua città natale. Si laurea in ingegneria aerospaziale all’ Università Federico II di Napoli ma dopo il periodo universitario muove i primi passi nell’ edilizia, settore in cui è tuttora impegnato. La natura proteiforme dei suoi interessi si concretizza nell’ idea di scrivere un romanzo, che nasce proprio dai sui studi, o meglio, dal desiderio di evadere dalle sue fatiche da studente. Un desiderio di svago e di libertà che allo stesso tempo esula da una visione semplicistica e superficiale, proiettandoci in una dimensione intimistica e nostalgica, per poi approdare ad un crepuscolo che non rappresenta la fine, bensì uno slancio per ricominciare.
Carlo, quando e come è nata l’ idea che è all’ origine di questo romanzo?
«L’ idea del libro è nata più o meno quindici anni fa quando ho anche cominciato a scriverlo. Da allora l’ ho rimaneggiato e ricontestualizzato. Il filo conduttore del romanzo è l’ amicizia, parte tutto da lì, con una vena leggermente drammatica. La storia è ambientata tra New York e le Hawaii, in un’ atmosfera che ricorda Magnum, P.I.. I due protagonisti si rincontrano dopo essersi conosciuti anni prima al college e aver seguito ognuno la propria strada. Ted è abbastanza facoltoso, figlio di industriali, ha una tenuta alle Hawaii, la Ferrari, mentre John è una figura più modesta, vive a New York, è stato temprato dalla vita, ha perso presto i genitori, trovandosi quindi in una situazione leggermente più complicata. Si risentono dopo diversi anni e Ted invita John alle Hawaii; è un’ occasione per riavvicinarsi e confrontarsi seguendo il parallelo delle proprie vite. Il più modesto dei due è cambiato molto, è più impulsivo, si lancia in avventure scavezzacollo, distrugge la Ferrari all’ altro, si fa coinvolgere in un inseguimento a dei criminali e, tra mille peripezie, incontra anche l’ amore e da lì in poi il racconto comincia a cambiare perché si innesta un filo maggiormente drammatico che ha a che fare con il suo mutato atteggiamento».
A cosa è dovuto il titolo “Spiccando il volo”?
«”Spiccando il volo” viene dal finale, la parte che voglio lasciare un po’ in un alone di mistero. Dico soltanto che a John piace anche volare e, approfittando di un aliante che possiede l’ amico ricco, decide di lanciarsi da una scogliera da cui nessuno ha mai osato lanciarsi prima. Il senso del libro è questo, cominciare a vivere con più leggerezza, senza troppe remore, imparare ad osare».
Sei originario di Torre Annunziata, della provincia di Napoli. Cosa c’è della tua terra in questo libro?
«C’è poco della mia terra. Questo libro è una sorta di evasione, per me è un ritorno al passato. Ricordo la mia infanzia, quando vedevo telefilm hawaiani che mi facevano sognare con quei paesaggi fantastici. Pensandoci, forse della mia terra è presente l’ elemento naturale, in particolare il mare, anche se poi tutto il resto è differente, la realtà e la società che racconto nel romanzo funzionano bene nonostante tutto, invece qui da noi si sa che la situazione non è proprio idilliaca. Forse questo potrebbe anche rappresentare un accento lievemente critico. La bellezza del paesaggio, che non manca alla nostra terra, ma vista in un contesto diverso».
C’è qualche rimando alla tua professione di ingegnere?
«Anche sotto quest’ aspetto, è una fuga dalla realtà. Sono presenti pochissimi riferimenti al mio lavoro, magari in qualche descrizione architettonica. Quando ho cominciato a scrivere questo romanzo ero ancora studente o ero appena laureato, quindi era una sorta di svago, una pausa da quei libri che invece erano per me materia di studio».
Come hai detto precedentemente, il tuo romanzo è un invito ad osare, un’ esortazione a perseguire le proprie speranze. In una situazione così critica come quella attuale, esiste una speranza per il nostro Paese e per il Sud in particolare?
«È sempre esistita una questione meridionale ma per me già parlarne è offensivo. Siamo stati ghettizzati quando il Sud e Napoli, sotto il Regno delle Due Sicilie, costituivano il più importante polo commerciale dopo Londra. Il nostro obiettivo deve essere quello di ritrovare una corretta unione d’ Italia, una cosa che finora è riuscita male. Sono dell’ idea ci sia bisogno di ridare al Sud il valore che merita. Una buona classe politica deve essere in grado di riqualificare il Meridione come in passato è stato riqualificato il Nord. Bisogna finalmente creare le infrastrutture necessarie affinché le imprese siano in grado di generare occupazione e benessere».