Cultura

Squid Game: tra consensi e polemiche diventa fenomeno mediatico

Nelle ultime settimane in ogni dove si legge e si parla di una sola cosa: la nuova serie cult di Netflix, Squid Game.

Vi ricordate dei soliti giochi senza frontiere? Bene, dimenticatelo! Squid Game è tutta altra storia. La Serie è composta da nove episodi  e ci troviamo di fronte a quattrocentocinquantasei concorrenti. Quarantacinque virgola sei miliardi di won sudcoreani (pari a circa quarantatré milioni di euro) di monte premi.

Una versione infernale di Giochi senza frontiere: chi sopravvive — non metaforicamente, proprio fisicamente, perché l’eliminazione consiste in una pallottola nella testa — vince tutto.

La ricetta della fiction di Netflix è di una semplicità cartesiana: un talent show genere «Survivor» o «Isola dei famosi» dove l’eliminazione è la morte, la vittoria è la ricchezza che pare contemporaneamente a portata di mano e lontanissima. Homo homini lupus, proverbio latino nato duemilatrecento anni fa a novemila chilometri di distanza da Seul, è il riassunto in tre parole della trama di «Squid Game», successo globale (a sorpresa). Non si tratta di semplice avidità: i concorrenti sono tutti, ma propri tutti, strangolati dai debiti e partecipano al gioco, che fin dall’inizio pare molto equivoco e allarmante nelle modalità di reclutamento dei giocatori, con un solo obiettivo. Vincere significa uscirne, significa la salvezza. Fisica e finanziaria. C’è l’uomo d’affari in difficoltà, l’immigrato pachistano, il profugo nordcoreano in fuga dalla dittatura, l’uomo che sta morendo di cancro.

All’estero «Squid Game» trionfa grazie alla regia precisissima, quasi hitchcockiana, di Hwang Dong-hyuk, alla bravura degli attori, alla fotografia; in Corea del Sud però «Squid Game» è diventato un caso politico perché il tema del debito personale non è un artificio della sceneggiatura, è una realtà sociale drammatica: il debito familiare sudcoreano è il più alto di tutta l’Asia (l’Italia è in difficoltà per altri motivi ma ha il debito familiare più basso d’Europa); il boom dell’ultimo ventennio ha esacerbato le disuguaglianze.

Nell’arco di pochi giorni, questa serie tv è passata dall’essere uno tra i tanti nuovi contenuti Netflix  con la prospettiva di visione non troppo alta, ad un vero e proprio fenomeno virale. Dalla sua uscita lo scorso 17 settembre la serie ha infatti talmente colpito l’immaginario e fatto dormire pochissimo fan e avventori che spiegazioni e teorie rovinerebbero il piacere.

Poi ci sono gli spoiler e la fabbrica che non chiude mai dei meme. Insomma un tam-tam tossico per i neofiti ma un’onda che ha spinto la serie al primo posto nella classifica della piattaforma streaming in ben 90 paesi.

Un successo planetario che, neppure lo stesso regista immaginava di suscitare. Difatti, i  fan stanno chiedono già a gran voce una nuova stagione. Intervistato da Variety su un possibile sequel, il regista Hwang Dong-hyuk ha però frenato un attimo gli entusiasmi. E ha dichiarato di non aver un’idea per una possibile parte seconda. «È abbastanza stancante solo pensarci», ha detto. «Ma se dovessi farlo, di certo non lo farei da solo. Prenderei in considerazione un team di sceneggiatori e di registi».

Al momento le previsioni dicono che nei primi 28 giorni di disponibilità oltre 80 milioni di abbonati di tutto il mondo guarderanno Squid Game. Non sapremo se sarà odiata o amata da tutti gli spettatori, in questo momento in tutto il mondo sono divisi in due schiere quelli che l’hanno amata e chi odiata totalmente. Mi verrebbe da dire, che nella serie sudcoreana le parole Oscar Wilde sono più attuali che mai, dopo un secolo! “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”.  Ebbene,  critica più comune che viene mossa alla serie è di essere troppo violenta, anche semplicemente le immagini e le motivazioni delle uccisioni, ma c’è anche chi è rimasto sveglio tutta la notte per guardare di fila tutti e 9 gli episodi della serie, curioso di vedere il finale. Come noi. Insomma, la serie tv coreana che nessuno si aspettava potesse creare così tanto hype, si prepara ad una seconda stagione?

A cura di Francesca Mastrangelo

 

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