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STEPCHILD ADOPTION, PROVIAMO A FARE CHIAREZZA. IL PENSIERO DELL’ AVVOCATO MILENA MIRANDA

Questo 2016 comincia con una buona notizia sul fronte del riconoscimento delle Unioni Civili: a fine Gennaio in Senato si potranno porre le basi per una Legge in materia e la discussione sul DDL Cirinnà già divide le forze politiche che saranno chiamate al voto.
Questa Legge è il frutto di anni di discussioni in materia, già superate dalla realtà da un lato e dalle decisioni prese nei Tribunali italiani chiamati a decidere in maniera che si definisce “creativa”, perché questi stessi magistrati intervengono surrettiziamente lì dove il Legislatore non lo fa.
La magistratura, però, non crea nulla: siamo noi avvocati a porre le questioni, a dare quegli spunti normativi sui quali il magistrato è chiamato a decidere.
Di fatto il Legislatore è rimasto diversi passi dietro rispetto alle decisioni prese nei Tribunali italiani e probabilmente non ha torto chi ritiene quest’impianto normativo già vecchio rispetto alle sentenze che stanno formando la giurisprudenza in materia.
Tuttavia le discussioni che in questi giorni riempiono i quotidiani sono certamente di carattere etico e politico, ma hanno anche una discreta rilevanza giuridica.
Vediamo in che modo: bisogna considerare che la questione che ha diviso più di ogni altra la stessa Commissione che ha lavorato al DDL Cirinnà riguarda la “stepchild adoption”(art.5), ovvero l’adozione del figlio del partner, cui parte della Commissione ha chiesto lo stralcio, opponendo (emendamento 5.19, Lepri-Fattorini) l’ “affido rinforzato”.
La questione non è di poco conto, perchè il riferimento è rivolto a due istituti differenti; istituti (adozione e affido) che trovano entrambi il loro fondamento nella necessità per il minore di conservare la continuità affettiva, ma che restano l’uno legato al definitivo stato di figlio e l’altro alla temporaneità del suddetto stato.
E’ d’obbligo precisare che la “stepchild adoption” è il frutto di un compromesso tra chi chiedeva la piena legittimazione di minori nati ed accolti in famiglie omogenitoriali e chi invece voleva l’adozione piena.
Rispetto all’adozione piena o legittimante, la “stepchild adoption” garantisce unicamente il legame
con il genitore non biologico (genitore sociale) ma non con la famiglia d’origine di questi, senza essere nipote, ad esempio, dei genitori né dei fratelli e sorelle del “genitore sociale”, con l’ovvia conseguenza di rimanere escluso dai diritti successori rispetto ai “parenti acquisiti”, che di fatto n, dal punto di vista giuridico, non sono parenti.
In pratica si verrebbe a riprodurre lo stesso “status giuridico” dei figli nati fuori dal matrimonio prima della L.219/2012 e successivo D.lgs 154/2013, quindi una sorta di “adozione debole” e non un pieno riconoscimento, come richiederebbe la tutela del minore che cresce in una famiglia omogenitoriale.
Allo stesso modo, se in una famiglia omogenitoriale sono presenti minori che hanno un legame biologico rispettivamente con ciascuno dei due partner, questi, ove adottati con stepchild dal genitore sociale, non saranno fratelli tra loro.
Se la “stepchild adoption” , però, non appare totalmente soddisfacente, “l’ affido rinforzato”, lo è ancora meno: tale affido è soggetto a revoche come alla rinuncia da parte dell’affidatario ( che viene definito genitore sociale) e, soprattutto, viene meno con la morte dell’affidatario, non dando luogo ad alcun diritto successorio, come invece avviene per l’adozione.
Se invece muore il genitore biologico, il legame di affido (affido rinforzato, appunto) si può tramutare in legame adottivo solo su richiesta dell’affidatario e previa valutazione dell’autorità giudiziaria.
L’”affido rinforzato” non garantisce al minore quella continuità affettiva con il genitore sociale, che eviterebbe di esporre un minore, cresciuto e accolto in una famiglia omogenitoriale, all’ eventualità di distruggere il rapporto che ha creato col “genitore sociale”.
Tale affido lede poi una serie di principi: v. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, o la sentenza X contro Austria del 19/02/2013, ed infine la recentissima sentenza della Corte d’Appello di Roma del 23/12/2015.
Si tratterebbe di un’istituto che prevede una “tutela eventuale”, disposta solo in alcuni casi e a titolo discrezionale, quindi con carattere discriminatorio.
La tutela dei diritti dei minori non può essere oggetto di “sconti”, o peggio di “eventualità”, ed è un fatto che nulla è più discriminatorio del mancato riconoscimento della pari dignità a minori che crescono in famiglie omogenitoriali rispetto a quelle cresciuti in famiglie etero.
Un impianto normativo appare ora più che mai indispensabile e la stepchild, pure se non piena, dà inizio ad un’iter di adottabilità, senza dubbio più rispondente a tale necessità.

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