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STORIA E TRADIZIONI CAMPANE: IL MUSEO DELLA CARTA DI AMALFI

La tradizione vuole che l’invenzione della carta sia avvenuta in Cina intorno al I secolo d.C.. Ma solo mille anni dopo l’Europa imparò dai cinesi l’arte di lavorare e creare quelle sottilissime sfoglie bianche, sostituendo del tutto le pergamene tramandate dai romani. Questo ritardo è dovuto alla lontananza geografica e culturale della Cina: poche notizie arrivavano del grande impero sorto all’estremo oriente del mondo e quasi tutte alterate nei mercati arabi e dalle fantasie di mercanti ed esploratori. Gli amalfitani hanno fatto proprie le  produzione di carta che allora veniva chiamata carta bambagina, dal nome della città araba El Mambig e, anche, secondo altre tesi, dal cotone omonimo.
Poi la carta amalfitana fu usata anche per scritture private, per atti giudiziari e valori bollati in tutte le città dell’Italia Meridionale, presso le corti degli Angioini, degli Aragonesi, del Vicereame Spagnolo e della corte Borbonica. Furono molti gli stranieri che, attirati dalla qualità del prodotto, arrivavano a Napoli per stampare le loro opere sulla carta d’Amalfi.
Tuttavia,quante siano le cartiere sorte nella Valle dei Mulini non é possibile affermarlo con certezza. Nella cartiera – museo sono ancora oggi visitabili gli attrezzi secolari usati nella produzione della carta a mano. Ben evidenti gli antichi magli in legno che, azionati da una ruota idraulica, battevano e trituravano gli stracci di lino, cotone e canapa precedentemente raccolti nelle possenti “Pile in Pietra”. L’impianto così ricavato si prelevava dalle pile con opportuni attingiti in legno e veniva immesso nel Tino, diluendolo con acqua. Il “Tino” consisteva in una vasca, rivestita interamente di maioliche, di un’altezza tale da consentire al lavorante in piedi la più comoda delle posizioni. L’ operaio immergeva nel tino un telaio il cui fondo era costituito da una rete metallica a maglie strette e raccoglieva una certa quantità di pasta, distribuendola nella forma. Scolata l’acqua, restava un sottile strato di pasta. Il “Foglio” veniva poi messo su un feltro di lana “Ponitore” e ricoperto di un altro feltro. Molti “Fogli” accatastati insieme con la stessa procedura, venivano poi sottoposti ad una pressa per l’eliminazione dell’acqua residua. Nella cartiera – museo ne esistono due, tuttora funzionanti, risalenti al 1700. Dopo la pressatura i fogli venivano tolti dal levatore e posti l’uno sull’altro creando la così detta “Posta”. Successivamente le “Poste” venivano trasportate nei locali “Spanditoi” per l’asciugatura ad aria. I fogli venivano poi collati con soluzione di gelatina animale e lisciati a mano, previa accurata selezione a seconda della qualità che emanano.

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