Lo Street Food non è solo un fenomeno di moda, è un nuovo modo di vivere il rapporto millenario di una cultura con il proprio cibo, con le proprie radici, reinventandolo tutti i giorni in forma innovativa, sorprendente, pratica e soprattutto gustosa.
Il trend è innegabile, oramai lo Street Food ha acquisito i suoi quartieri di nobiltà anche grazie alla globalizzazione, alla mediatizzazione del cibo e dei cuochi a livello planetario.
Giornali e riviste, trasmissioni televisive, guru della gastronomia hanno consacrato il cibo “on the road” a nuova icona del terzo millennio.
Non a caso Trip Advisor, che da tempo ha soppiantato le polverose guide tradizionali riuscendo ad intercettare le nuove tendenze ed i nuovi gusti, ha inserito food truck tematici di successo tra i primi ristoranti di una metropoli come Milano. E’ un segno dei tempi, una volontà di cambiare la propria ritualità quotidiana, troppo lenta e stretta, per adeguarsi all’evolversi della società, che va sì di fretta, ma non transige più sulla qualità e sull’immagine.
Parlando di immagine, questa è di primaria importanza nell’ambito Street Food, come dire che l’occhio vuole la sua parte. Un vecchio concetto rivisto in chiave moderna. Il 69% degli italiani ha scelto di consumare cibo di strada durante l’estate 2019. Lo rileva un’indagine Coldiretti/Ixè. Lo street food preferito è il cibo della tradizione locale, che va dalla piadina agli arrosticini fino agli arancini, scelto dal 74% dei consumatori; il 16% predilige la cucina internazionale e solo il 10% alimenti etnici come il kebab. Il cibo di strada concilia la praticità con il prezzo contenuto e per questo rappresenta una forma di vendita particolarmente apprezzata dai turisti. Il fenomeno dello street food ha radici molto antiche che risalgono al tempo dei Romani, quando gran parte della popolazione era spesso solita gustare i pasti in piedi e velocemente. Per questo l’Italia con le sue numerosissime golosità gastronomiche può vantare una tradizione millenaria grazie alle diverse specialità locali come gli arancini siciliani, la piadina romagnola, le olive ascolane, i filetti di baccalà romano, gli arrosticini abruzzesi, la polenta fritta veneta, le focacce liguri, il pesce fritto e gli immancabili panini ripieni con le tipiche farciture locali.
La crescita del fenomeno dello street food si accompagna però a una perdita del radicamento territoriale e a un impoverimento della varietà dell’offerta. La Coldiretti denuncia in particolare una progressiva tendenza alla vendita di cibi lontani dalla nostra tradizione gastronomica nei centri storici. Quindi se sushi, kebab e frutta esotica sono facilmente reperibili ovunque, per mangiare i nostri piatti tipici i turisti sono costretti a consultare internet o le guide. A sostenere la nostra offerta alimentare, sottolinea Coldiretti, ci sono gli oltre mille mercati degli agricoltori, diffusi in grandi e piccole città. Qui si possono trovare prodotti locali del territorio, venduti direttamente dall’agricoltore nel rispetto delle regole ambientali. La passione per il cibo di strada ha favorito la crescita del comparto con quasi tremila tra sedi di impresa, secondarie e unità locali attive, in aumento del 48% fra il 2014 e il 2019 secondo i dati della camera di commercio. Più di un’attività su quattro, conclude l’indagine della Coldiretti, è un’impresa femminile (28%) e una su cinque di giovani (21%).